mercoledì 1 luglio 2009

Patagonia non è un capolavoro

Consiglio a tutti di leggere Patagonia, il nuovo albo gigante di Tex, a firma Mauro Boselli e Pasquale Frisenda.
Da quando Claudio Nizzi ha abbandonato Tex, il personaggio simbolo della Sergio Bonelli Editore, si sono succedute una serie di buone notizie e di buone storie: Boselli è diventato lo sceneggiatore principale, affiancato da Tito Faraci che, come ammesso da lui stesso, con Tex ha l’ambizione di trovare una casa (spero non si riferisca alla sicurezza economica) e a breve da Gianfranco Manfredi (che dice di divertirsi con Tex come non gli capitava da tempo); il parco disegnatori, già ricco, è diventato il più significativo del fumetto italiano e Pasquale Frisenda è solo uno degli ultimi degli importanti innesti.
Le storie, come detto, sono cresciute notevolmente. Sempre all’insegna dell’avventura più classica, gli autori stanno riscoprendo e restituendo al lettore il divertimento che nasce dall’invenzione narrativa dentro a regole e canoni prevedibili e molto chiari. A dire il vero, al momento, l’esordio di Manfredi sulla testata regolare deve ancora avvenire, e sono soprattutto Boselli (il miglior autore di Tex dopo Bonelli) e Faraci a motivare il nuovo entusiasmo per la testata.
Per gusti personali e sensibilità, non credo che Tex sia oggi la migliore serie Bonelli, ma certamente lo sforzo editoriale degli ultimi mesi si muove in questa direzione.

Patagonia può essere il simbolo di quanto detto. Il cosiddetto Texone è da sempre un esempio positivo di progettazione editoriale, per lo meno per due ragioni: l’intenzione reale di Sergio Bonelli di rendere questi albi davvero speciali; il prezzo disarmante.
Il Texone costa poco, pochissimo per l’impegno che gli autori e la casa editrice investono ogni anno. È un costo che è assolutamente fuori mercato rispetto a qualunque altra pubblicazione prodotta in Italia. La motivazione risiede nelle vendite, senza dubbio. È un albo dalla produzione costosa che si ripaga completamente. E lo fa, come detto, grazie al pieno rispetto del concetto di “evento speciale” che dal primo numero lo caratterizza.
In Patagonia l’evento sono gli straordinari disegni di Pasquale Frisenda. Il disegnatore, già collaboratore di Ken Parker e di Magico Vento, ha un talento visivo raro che nelle tavole di grandi dimensioni del Texone letteralmente esplode. È romantico, crepuscolare, dinamico, evocativo, …
Ogni disegno è formalmente equilibrato nella composizione, mai automatico, pensato nei particolari. La caratterizzazione del protagonista non sempre è perfettamente fuoco, forse, ma è la coralità della storia imbastita da Boselli a dare forza all’impostazione grafica di Frisenda. E gli sconfinati ed esistenziali territori della Pampa argentina.

Detto ciò, Patagonia resta solo un buon fumetto, ricco di talento ma nulla più.
Il soggetto è trattato da Boselli in modo poco equilibrato. Più di metà storia è fatta di chiacchiere, di pesanti ritorni e riflessioni sugli eventi. Il meccanismo narrativo è poco fluido, macchinoso. Quando si precipita al finale, è troppo tardi. A ciò va aggiunto che Frisenda, con la sua cura e la sua attenzione, con il suo amore visivo, risulta a volte autocompiacente, altre volte eccessivamente retorico. È come se la sovraesposizione dello speciale avesse amplificato i latenti e potenziali difetti dei due autori, trasformando un possibile capolavoro in una sua versione grottesca.
Il termine grottesco non inganni. Nulla in questa storia ha i toni dell’ironia o del poco serio. Ma è il risultato finale ad apparire talmente consapevole (sul piano dei mezzi, delle capacità, degli obiettivi da voler raggiungere, ecc.) da risultare macchinoso, inutilmente bello, in definitiva sterile.

Forse il difetto è genetico. Tex, dopo anni e anni di storie popolari, non può che essere una parodia di se stesso, una figura retorica del fumetto italiano, dove lo spazio per raccontare una vera storia è pressoché inesistente. All’interno di Tex è solo possibile essere dei bravi, freddi professionisti, o non esserlo affatto (l’ultimo Nizzi, ormai stanco e anonimo, ne è un esempio). Ma la tecnica non è sufficiente per emozionare il lettore, o per dare forma a un’opera davvero significativa. Realizzare Tex è quindi un atto di professionale dedizione, per lo meno quanto leggerne le storie. Si possono fare bene o male entrambe le attività. È un patto tra autore, editore e lettore in auge da decenni, che funziona, ma che non può più riservare vere sorprese. E che ha molto a che fare con la fiducia. Una fiducia che Sergio Bonelli sta cercando di confermare con tutte le sue forze.

5 commenti:

  1. Mah. Macchinosa mi pare questa recensione in cui fai uno sforzo notevole per criticare una storia che lascia poco spazio alle critiche. Credo che siamo di fronte ad una meraviglia che ha pochi uguali nell'ambito del fumetto di stampo "classico" italiano degli ultimi anni. Peraltro il tutto va riferito al mondo di Tex e alle sue vicende; e qui sta la vera grandezza di Patagonia, che quasi ridisegna e ridimensiona (in grande) il mito Texiano, consegnandolo alla storia della narrativa popolare. Parlare di freddi e bravi professionisti è una riuscita provocazione te lo concedo, ma è proprio l'albo meno indicato per essere considerato frutto di tecnica e consolidata maniera. E' invece figlio di una narrazione potente e spontanea. Grottesco è un aggettivo che, se fossi Boselli o Frisenda troverei veramente molto offensivo.

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  2. Ciao.
    Vedi, a me la tecnica piace. Mi piace osservarla, meraviglirmi per essa. Mi piace anche emozionarmi per la perizia. Ma non è tutto in una forma espressiva.
    Il punto sta proprio nella tua frase: "Peraltro il tutto va riferito al mondo di Tex e alle sue vicende".
    Patagonia è un'ottima storia di tex. Non fosse per la sceneggiatura poco equilibrata di Boselli (ma comunque efficace) sarebbe una delle più belle degli ultimi anni. Tuttavia, ritengo che Tex stesso sia un limite al concetto stesso di "capolavoro".
    Forse il termine grottesco è sbagliato. Convengo.

    Harry.

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  3. A proposito di "difetti genetici", vorrei capire bene il tuo teorema: un fumetto con 60 anni di vita editoriale alle spalle non puo' avere punte di eccellenza? E' proprio quello che volevi dire? Preparati, che se rispondi "si'" e' gia' pronta una mezza tonnellata di controesempi... ;)

    --
    Ciao,
    Speck

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  4. no.
    patagonia E' un fumetto (quasi) eccellente (se non fosse per una sceneggiatura non proprio equilibrata, come detto, ma con molti pregi).

    il difetto genetico è che la forma a cui ti impone non ti permette di andare oltre una fredda eccellenza (quando va bene)

    harry

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  5. Appena letto: miglior fumeto italiano del decennio appena trascorso.

    Finale affrettato? Forse. Ma è un difetto insignificante di fronte alla quantità di pregi di cui traborda questa storia. Finalmente in Tex vediamo dei PERSONAGGI, non delle macchiette o degli archetipi.

    Jegriva, from Elivagar.

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