domenica 31 ottobre 2010

Alcuni buoni motivi per leggere Scott Pilgrim (3)



Bryan Lee O'Malley, canadese, post-adolescente, sa raccontare con estrema ironia i ventenni occidentali. Riesce così a parlare a quella generazione, ma senza relegarsi nel buco del fumetto generazionale. E risponde parzialmente a una domanda che, in USA come in Italia, è sempre più pressante: solo i manga possono parlare ai giovani di oggi?

Harry

(continua)

sabato 30 ottobre 2010

Alcuni buoni motivi per leggere Scott Pilgrim (2)



Nel territorio del fumetto indipendente statunitense, è uno dei pochi tentativi riusciti di integrare stili e forme proprie dei manga nei comics, senza balanizzarli e senza impoverirli.

Harry


(continua)

venerdì 29 ottobre 2010

Alcuni buoni motivi per leggere Scott Pilgrim (1)



Nella sua folle corsa, l'autore Bryan Lee O'Malley destruttura e ricompone il linguaggio fumetto in tutti i modi che gli vengono in mente, sporcandolo con elementi di altri media. Ovvero, esalta quella che è da sempre la matrice del fumetto, la sua natura bastarda e civettuola.

Harry


(continua)

giovedì 28 ottobre 2010

Further Grickle

Ancora da The Book Of Grickle, alcuni estratti, dove l'ironia cinica si eleva a surrealismo esistenziale.
Graham Annable è un autore straordinario.

Iniziamo dalla vocazione spirituale dell'uomo del lago:






Senso di colpa, pietà o semplice paura?





 La solitudine dell'ispirazione artistica, il senso della vita e della fine di tutte le cose:






Cerca tutto quello che trovi di Grickle. Annable è uno di quegli autori che ti fa innamorare del fumetto.

Harry

mercoledì 27 ottobre 2010

Il lungo addio alle fumetterie? (-1)



Un pensiero mi ronza in testa.
E se la convergenza editoriale dei piccoli editori specializzati in fumetti all'interno di gruppi editoriali generalisti facesse morire le fumetterie, nel tempo?
Se l'imbuto dei meccanismi editoriali che caratterizzano il settore specilistico portasse alla deriva definitiva degli editori verso il mondo ampio, difficile, ma più aperto della varia? Se ciò stesse già avvenendo ora? A discapito della distribuzione nelle fumetterie?

Quale rimarrebbe il valore aggiunto delle fumetterie?
Quale interesse rappresenterebbero per quei gruppi editoriali?

(tornarci su...)

Harry

Grickle




Ho letto per la prima volta Grickle di Graham Annable alcuni anni fa. Era un libricino sottile, Further Grickle, pubblicato da Alternative Comics. Lo lessi e lo amai. Fine della storia, pensavo. Mi sbagliavo. Era vero amore.

Oggi, infatti, ho in mano The Book Of Gricke, una selezione di storie curate dall'autore, edita da Dark Horse Comics, che si pregia di un'introduzione di Jeff Smith. Scopro che esiste un canale youtube. Sono rapito.
Lo stile di Annable è secco, incisivo, con un senso del ritmo e dei tempi della battuta senza pari. Siamo in territorio di satira sociale amara e senza freni. Un occhio lucido, un pensiero cinico, a guidare la mano e l'istinto sulla carta. Guardati il canale. E leggi una sua intervista.
E ammira qui sotto la storia che apre il volume. Siamo dalle parti del meglio che il potere iconico del fumetto possa offrire. Queste cose mi fanno saltare sulla sedia, e riaccendono la gioia per il fumetto anche nei tempi più bui (e non sono questi).


Harry

Segreti



- Your mother says you're acting crazy. Doing crazy things. True?
- I guess so.
- Nonsense. A boy who has had cancer... A boy whose parents and doctors  did not tell him he  had cancer... A boy who had to find out the truth on his own... Is this crazy?
- ...
- No, it's sad. But not crazy. You've been living in a world  full of nonsense, David. No one had been telling you the truth about anything. But I'm going to tell you the truth. Are you ready?
- ...
- Your mother doesn't love you. I'm sorry, David. It's true. She doesn't love you.


In molte famiglie esistono i grandi segreti.
Tra i più importanti e dolorosi, le cose che non si raccontano ai figli per proteggerli.
C'è un'ombra di ipocrisia dietro a quelle parole ed emozioni celate. E l'ambivalenza della sfiducia. Il messaggio esplicito è, caro figlio, non puoi capire, non hai gli strumenti per farlo. Il messaggio taciuto a se stessi è, caro figlio, non sono in grado di affrontare questo dolore, è più grande di me, non posso parlartene.


Nella mia famiglia, un segreto ha riguardato la malattia. Sono passati più di vent'anni da quando mia madre si ammalò di tumore. Fino all'operazione, i miei genitori mantennero il segreto. Io ero proiettato nel mondo delle nuvole delle mie timidezze e insicurezze. Mia sorella, un anno in più, era consapevole e annusava la paura. Rimase bruciata da quel silenzio.
Quando ci raccontarono della malattia, dell'operazione, delle conseguenze (chemioterapia, depressione, difficoltà emotive… mia madre è viva ancora oggi, sta bene, ma il passaggio è stato stretto in quegli anni) per mia sorella, da molti punti di vista, era troppo tardi.
Infranto il patto di trasparenza, in qualche modo mia sorella perse fiducia in loro e, a conti fatti, nelle persone, nelle sue emozioni, nel mistero gioioso dell'esistenza. Una scia lunga, che ancora oggi lancia segnali.



David Small lo racconta in Stitches. Parte di una famiglia molto più complessa, spaventata e spaventosa della mia, il piccolo David passa personalmente per l'inferno del silenzio, dei segreti e dell'incomunicabilità. Quello che colpisce, del suo splendido libro autobiografico, è la capacità di rendere il senso di costante terrore, apprensione e insicurezza che deriva dall'incomunicabilità con i propri genitori.
Stitches ci racconta anche della piccola America di paese, quella piccolo borghese piena di esibizione pubblica e necessità di rivalsa. E ipocrisia e totale oblio della coscienza.

Il tratto di Small è pulito e chiaro ma espressivo, a tratti espressionista, e rivela un grande gusto per la composizione, che in alcune tavole, senza perdere la semplicità, gioca con l'immagine e le emozioni che intende rivelare. Con Stitches Small non sembra cercare soluzioni, né comprensione. La narrazione è diretta, contenuta ma esposta, vera. Se l'autore non rivela, in fondo, quali percorsi personali e quali risorse abbia messo in gioco per superare i traumi e i dolori della sua giovinezza (accresciuti dalla sua parziale perdita della voce dovuta all'operazione), nell'atto necessario del racconto sembra voler gridare a tutti l'esigenza della verità e della trasparenza. Anche questa, in fin dei conti, è la testimonianza di un sopravvissuto. 


Troppo spesso i genitori, stretti nelle loro paure e nei loro bisogni, dimenticono che i propri figli ascoltano e comprendono molto prima e molto più di quanto le parole e lunghi discorsi possano permettere. I bimbi sono specchi, limpidi, della vita adulta dei genitori. Il segreto, prima che doloroso per i figli, è il più grande tradimento verso i genitori stessi. Quel che spetta ai figli, in fondo, non è altro che sopravvivere a queste difficoltà, e, da adulti, trasformare l'eredità che è stata lasciata.

Harry



stitches è pubblicato in italia da rizzoli/lizard
tutte le tavole sono (c) di david small

lunedì 25 ottobre 2010

Carne e ossa



Da qualche tempo vivo in collina, vicino al bosco.

Esco di casa, con scarpe pesanti, mi inoltro nell’umidità delle piante. È utile al mio respiro e alla mia memoria fungo.
È un luogo pacifico, all’interno di un parco protetto. Protetto dall’uomo.

Dieci giorni fa, i miei vicini hanno subito una rapina in casa. Soldi e gioielli. Avevano antifurti elettronici. Non sono serviti a nulla.
Due giorni dopo, in una stradina che conduce nel bosco, c’è stata una sparatoria. Un abitante del paese ha sparato a due amici, uno alla gamba destra, uno nel petto. Prognosi riservate.
Non si direbbe. Il mio paese come luogo di scenari violenti. Il crimine ci spaventa. Il crimine ci affascina. Il crimine è ovunque.

Incolliamo il muso ai televisori, alimentando il disagio e la paura, mentre la nostra mente scimmia si eccita alle notizie dell’ultima adolescente uccisa dallo zio e dalla cugina, dall’ultimo colpo in volto a una ragazza in metropolitana. Nulla di nuovo. Ci alleniamo alla violenza attraverso lo schermo televisivo, attraverso i filtri del satellite terrestre, delle pagine web. Ne prendiamo distanza e ne siamo sempre più condizionati. Paura. Non uscire di casa. Coprifuochi, locali che vendono kebab che devono chiudere prima. Fomentare, rinchiudersi in casa.
La paura è uno strumento politico. Impedisce il ragionamento, rende più condizionabili.
La politica come il tifo calcistico distorce le percezioni, per cui quel che pensi è pro o contro la tua squadra. Atteggiamenti violenti, razzisti, fascisti sono meccanismi funzionali al tifo. Si chiudono lì. Le derive sono responsabilità di chi strumentalizza.

Lo spettacolo della violenza è un’onda che parte da lontano. Alleniamo i nostri bimbi al filtro tecnologico-visivo-ludico sin da piccoli. Si creano meccanismi automatici, subordinazioni di pensiero, emozioni escremento sofisticate.
Non c’è retorica in tutto ciò. Solo il senso della normalità che sfugge al controllo individuale per essere sotto-controllo audiovisivo. La realtà come reality e viceversa.

È in questo scenario che si colloca l’intuizione potente, lucida di Robert Venditti e dei suoi Surrogati. Il prequel al capitolo principale ha tratti di potenza ancora più efficaci, dovuti probabilmente alla maggior consapevolezza di mezzi dell’autore.
Ricorda, i Surrogati sono automi sofisticati che simulano in tutto e per tutto la vita umana, pilotati a distanza da persone comodamente chiuse al sicuro in casa. La vita sofisticata, portata alle estreme conseguenze. Il filtro con il reale diviene definitivo. La perdita del controllo è totale, nella totale illusione del controllo. Assenza del pericolo come manifestazione ultime della paura. Contraddizioni, ambivalenze.
L’apertura della storia Carne e ossa (in Italia per Rizzoli/Lizard), il prequel appunto, è agghiacciante. Un ragazzino alla guida del surrogato paterno commette un omicidio. Conseguenze a cascata.







Un poliziotto nel mezzo che cerca di far carriera, stando dalla parte del giusto, vivendo le sue contraddizioni affettive, entusiasta anch’egli del surrogato della sua compagna che, naturalmente, non comparirà mai di persona, in carne e ossa.





Di Venditti non apprezzo nell’insieme la conduzione delle trame, perché si concludono senza pathos, perché perdono il ritmo e la tensione. Ma ne ammiro la sensibilità, la forza evocativa e il potere della metafora.
E attendo nuove storie dei Surrogati. Penso ne valga la pena.



Harry


tutte le immagini sono (c) di robert venditti e brett weldele e sono tratte dall'edizione originale in lingua inglese, pubblicata da top shelf productions. l'edizione italiana è realizzata da rizzoli/lizard

sabato 23 ottobre 2010

Anita non serve più ai tavoli



Colpa mia, l'ho perso di vista.
Dopo Mano, dov'è andato?

L'ultima volta che ho osservato il suo impressionante lavoro è stato a BilBOlbul del 2008, con Il Ritorno dell'Orso.
Dov'è finito Stefano Ricci?
Hai notizie di lavori a fumetti recenti?

Harry

venerdì 22 ottobre 2010

Commediografo famoso cerca compagna per una pacifica vecchiaia



Eddie Campbell prosegue il suo lavoro di ricerca sulla forma fumetto, coerentemente con il suo manifesto sulle graphic novel, una dichiarazione di intenti e di approccio che, per quanto discutibile, rappresenta un importante punto di partenza e un significativo filtro attraverso il quale valutare i suoi lavori.


The playwright, realizzato con la collaborazione dello sceneggiatore Daren White, e pubblicato per ora solo in lingua inglese, è la messa in scena delle piccole, mediocri quanto comuni ossessioni sessuali ed egoiche di un uomo, celebre drammaturgo, che si appresta a superare la mezza età, incerto sul proprio futuro e soprattutto sul senso della propria esistenza. Quale il posto da occupare nel mondo? Quale il senso della scrittura? Quale il valore della celebrità?
Domande alle quali il protagonista non sempre trova risposte, ma che punteggiano ogni accadimento, grande o piccolo della sua  vita.
Da una passeggiata nel parco...
(notare il contrasto tematico tra la ripresa ravvicinata del seno della passante e l'inquietante riflessione sulla malattia del protagonista. C'è drammaticità e mediocrità miscelate da ironia e irresponmsabilità)





All'incontro amoroso con una donna, alfine scartata perché troppo "promiscua" (notare la narrazione distaccata, in terza persona. E osservare la piccolezza dell'uomo, e dell'Uomo, trincerato nei suoi pregiudizi, che nascondono profonde insicurezze).







Al centro, come strumenti tecnici, la cinica ironia tipicamente britannica e un disegno sempre più immediato, efficace e narrativo, in una forma della tavola orizzontale semplice e affascinante. Colpisce soprattutto la totale libertà espressiva.

Tornerò presto su Eddie Cambpell.

Harry

martedì 19 ottobre 2010

I fumetti perché... (13)

(c) ivo milazzo


... evocare immaginari lontani. E viverci, la lingua impastata, l'aria sul viso, il sedere indolenzito dalla sella, l'immensità della natura.

Harry

lunedì 18 ottobre 2010

Barbatrucco





Ho conosciuto Yeti a circa sei, sette anni. Si chiamava Barbapapà e nasceva dalla terra. Era un gioco creativo divertente e dolce, che mostrava una perizia grafica del racconto immaginario davvero particolare.
L'ho ritrovato da adulto, nei disegni di Alessandro Tota, in un libro che non funziona come si vorrebbe. Perché se della dolcezza e ingenuità di barbapapà Tota utilizza solo alcuni temi grafici e ornamentali, è nella capacità evocativa che si esaurisce l'efficacia del racconto.

Uscendo dal riferimento grafico più evidente e lasciando i barbapapà a mio figlio, ammetto che Yeti (Coconino Press), a fronte di molti apprezzamenti della critica, è stato per me una vera delusione.

Il protagonista muto, pagina dopo pagina, non supera l'effetto zuccherino del Tenerone di Gianfranco D'Angelo, per colpa di una storia condotta in modo banale, senza vette e senza aggiungere nulla a un quotidiano e sterile qualunquismo nazional-popolare.

Strano, ma comprensibile, vista l'esperienza di emigrato in Francia dell'autore, che non si riesca a recuperare il senso di una globalità culturale che sempre più ci appartiene, pur con poca consapevolezza.
Riconosco in Tota talento e intelligenza. Ma Yeti non mostra il cuore, non mostra profondità, solo un senso di isolamento intellettuale che neppure i quadretti più ornamentali riescono a edificare, perché derivativi e obbligati.
Si avanza verso un prevedibile finale con un ritmo costante, ripiegato su protagonisti poco interessanti e meccanici.

Ma Yeti è qualcosa di più, perché pur non avendolo assolutamente apprezzato, ne colgo il fascino per molte persone. In questo, trovo un'ambivalenza che prima ancora che narrativa è probabilmente culturale e sociale. Se dovessi usare una definizione, lo direi conformista dell'anticonformismo.
Ma non confondere la mia durezza per disprezzo. Tota ha davanti a sé un buon futuro da autore di fumetti, se saprà approfondire di più il suo linguaggio e la sua voce.

Harry

sabato 16 ottobre 2010

Riconciliazione



Quando recentemente il Capo di Stato Papa Ratzinger si è recato a Londra ha chiesto scusa per gli abusi sessuali compiuti da alcuni esponenti della Chiesa Cattolica, promettendo una maggiore vigilanza.
Non ha però ammesso le responsabilità dirette della dirigenza della Chiesa nell'insabbiare, nascondere, negare e, in definitiva, non aver fatto ogni cosa possibile per evitare che quei fatti si ripetessero. La credibilità della Chiesa prima di ogni altra cosa. L'effetto boomerang non era previsto.

Quello che consiglio a Papa Ratzinger, da piccolo uomo che osserva i fatti del mondo, è di leggere un piccolo libro, Perché ho ucciso Pierre, di Alfred e Oliver Ka (Ed. Tunuè).
L'ombra della colpa, dell'inaccettabile dolore di fronte a chi si crede un amico e, prima ancora, un uomo di fede, viene trattato con leggera devozione all'arte del ricordo e dell'introspezione.
Perché ho ucciso Pierre offre un punto di vista, quello della vittima, di fronte alla tragedia dell'abuso sessuale, e svela una possibile strada di redenzione.
Ma suggerisce anche il dolore e l'angoscia di chi quegli atti ha commesso.
Quello che la Chiesa non ha capito, negli anni, nei secoli, è il fatto che mettere la persona che perpetra un abuso nella condizione di non poterlo più commettere, è innanzitutto un atto di generosità verso quella stessa persona. Metterlo al salvo dalla propria terrificante instabilità, dal proprio terrificante desiderio, dalla propria perversa dimostrazione di potere, riflesso dell'impotenza.


La via di Perché ho ucciso Pierre è semplice, perché sa parlare a tutti, senza retorica e senza un vittimismo pietistico che sarebbe legittimo quanto anti-narrativo.
Perché ho ucciso Pierre funziona quindi su più piani di lettura, e sa coinvolgere e commuovere con delicatezza. Una lezione artistica, una lezione di vita, verso la riconciliazione con sé stessi e il mondo.

A Papa Ratzinger potrebbe piacere.

Harry

venerdì 15 ottobre 2010

La Biblioteca di Babele (dopo la caduta)

 

Autobiografico non autoreferenziale

Più o meno inizia così, senza sapere quando inizia.
Decidi di voler parlare della tua passione, raccontando esperienze di lettura.
Non hai molte conoscenze tecniche o riferimenti storici. Solo un feroce desiderio che ti chiama. Solitudine? Bisogno di condivisioni? Semplice gioia?
Coi fumetti è più facile, coi fumetti puoi barare sulle tue competenze, almeno un po', perché è più semplice fingere conoscenze che non hai. Perché la storia del fumetto è relativamente breve, perché le produzioni a fumetti, anno dopo anno, rispetto al mare magnum dei libri, per esempio, sono molto meno.
A pensarci, in Italia, anni fa era molto più facile e… desolante.
Le cose cambiano.
Puoi fingere, ma per poco. Il mondo interno del fumetto non te lo permette. La tua coscienza non ci sta.

Mentre produci scorie in forma di recensioni, decidi di voler conoscere tutto il possibile, per cui recuperi, con ristampe (per fortuna sempre più presenti), con ricerche nelle fiere mercato, nei mercatini di paese. E accumuli.
Decidi di tenere i piedi nell'attualità del fumetto, e compri più o meno tutto quello che esce, selezionando al limite generi o linguaggi, ma sapendo che ogni esclusione è dolorosa. E accumuli.

Intanto cerchi aggregazioni, e la rete è il luogo migliore per aggregare ossessioni e passioni. Specializzazione, coagulazione. E recepisci consigli di acquisto, recepisci lacune e mancanze imperdonabili, e la ricerca si amplia, si intensifica. E accumuli. E scrivi. Sviluppi conoscenze, esperienze, tecnica. Incontri autori, editori, distributori, dettaglianti e comprendi che il fumetto è un mondo piccolo, basato su logiche fragili e semplici, e ingarbugliate. Coagulazione. Accumulazione.
Il tuo tempo di lettura cambia. Accelera. E mentre affronti le prime pagine di un fumetto, la tua mente formula già giudizi critici. Idee e (pre)concetti che ti precedono, che nulla hanno a che fare con la passione iniziale, nulla hanno a che fare con il fumetto che tieni in mano. Ma che diventano un lancio direzionale verso l'astro della critica militante. E mentre accumuli, e scrivi, il tuo tempo diminuisce. Sempre più cose da leggere sempre meno tempo e interesse per farlo.

Ti fermi. Perché cazzo ti impegni a scrivere e parlare di fumetti, quando non hai più neppure il gusto di leggerli, di farti coinvolgere?
Perché ti intrappoli in un lavoro amatoriale difficilissimo costruito su logiche autoreferenziali inconsistenti? Seduto, in libreria, la tua, osservi i volumi non letti, ché quelli letti sono nascosti in scatole di cartone e … irraggiungibili. Osservi e ti chiedi dove ti ha portato la tua caccia.

Harrydice… nasce come riflesso di un bisogno nuovo: spersonalizzare, ritrovare il gusto, adattare le riflessioni ai tempi di lettura, ridurre gli acquisti.
Harry dice acquista di meno, selezionando attentamente quello che pensi possa piacerti, possa commuoverti, possa appassionarti, possa riportarti alla gioia dell'esperienza della lettura, della visione.
Harry dice non accumulare più, riprendi possesso del tempo e dello spazio, dei linguaggi, dei tuoi soldi.
Harry dice coinvolgi autori ed editori, chiedigli di fare parte del gioco della gioia di condividere idee e passioni.
Harry dice seleziona accuratamente, riduci, non accumulare e lascia che altri attori ti suggeriscano letture, spunti, fumetti che ti sfuggono, o sottovaluti, a partire da scarne presentazioni pubblicitarie/promozionali.
Harry dice muoviti in modo diverso, provoca reazioni, afferma la tua autonomia, poniti con serietà in relazione al mondo del fumetto, così schiacciato, chiuso, litigioso, vischioso. Harry dice divertiti. Harry dice cambia direzioni. Harry dice non perdere fiducia in chi ti legge. Harry dice sbattitene delle classifiche wikio. Harry dice prendi decisioni chiare.

Decidi di dare spazio ai fumetti. Decidi di utilizzare le scansioni più che puoi, per permettere alle tue idee di incontrarsi con la concretezza delle tavole. Decidi di dare fiato al tuo tempo, uscendo dalle abitudini. E di osservare il fumetto attraverso la realtà di cui fai parte. Non scappi nel fumetto per distrarti dalla realtà, ma butti il reale nelle tue esperienze di lettura. Filtri con attenzione. Riflettendo meno, praticando di più un approccio intuitivo.

Sblocchi il nucleo ossessivo, e scrivi come si fa con le prime parole a tuo figlio, al mattino. Scendi in terra, e ti sporchi le mani, a piedi nudi. Ti fermi quando serve, quando il gusto sfugge. Lasci che il desiderio diventi amore per il tuo tempo e le tue letture (visioni). Riduci. Smetti di accumulare. E la Torre di Babele crolla. E la Biblioteca di Babele assume dimensioni reali, e l'immaginazione riprende fiato e forza. Mentre prosegui ad abbandonare fumetti sui treni.

Harry


Tutti i testi di questo blog sono (c) di Harry Naybors, salvo dove diversamente indicato.
Puoi diffonderli a tuo piacere ma esplicitando sempre l'autore e/o la fonte.

La versione a fumetti di Harry è (c) di Daniel Clowes.