lunedì 11 ottobre 2010

La Biblioteca di Babele (parte 2)



Dopo la prima parte, prosegue con la seconda parte di quattro, l'accorato e sentimentale viaggio di Harry Naybors verso il tentativo di avere i  fumetti senza pagare un euro, con improbabili esibizioni di vacua intelligenza rivolta all'eminentissimo editore/autore di fumetti.
 



2. La critica non esiste

La critica di fumetti in Italia vive all’ombra dell’amatorialità, ovvero della fervente passione. Che si traduce in lavoro intelligente, senza standard qualitativi definiti, senza etica professionale codificata, senza definizione di tempi, motivi, luoghi dove esprimersi. È una forma di espressione culturale libera, a tratti militante, perché nervosa, fatta di spinte ed entusiasmi, ripiegamenti, accorate difese, brucianti afflizioni. È un territorio di frontiera, dove manca un senso della storia (della critica, del fumetto), dove il momento presente è l’unico che conta, dove gli attori faticano a storicizzare, dove il confronto è spesso sordo, e dove le dietrologie italiote pretestuose muovono le discussioni che fanno più rumore.
È un territorio indefinito dove spesso contano di più i soldi e gli interessi personali che altro. Che c’entrano i soldi con una pratica amatoriale?! Benvenuto nel mondo alla rovescia: poter fare critica presuppone, nella stragrande maggioranza dei casi, l’acquisto autonomo di un prodotto che interessa. Non solo fare critica non è remunerato, ma costa, e molto. È possibile fare critica di qualcosa che non si possiede e non si è letto? Per quanto il soggettivismo e le provocazioni relativiste spingerebbero a rispondere di sì, mi viene difficile pensarlo realmente. Quindi, se Harry il fantasma vuole praticare nel territorio della critica, deve spendere soldi reali per avere e leggere fumetti reali. Risultato, nel mondo della critica non è indifferente il potere di acquisto del critico.
Qualcuno regala libri a scopo promozionale? Pochi, pochissimi editori. Se sei fortunato e determinato e riconosciuto, alle fiere puoi ottenere brillanti sconti. O regali mirati in cambio di un pezzo a orologeria.
Ricordo due episodi in negativo. Li cito solo perché rappresentativi. Nel primo, Simone Romani, di Rizzoli Lizard, presta a un mio amico critico un libro per preparare l’intervista a un autore da fare il giorno dopo, all’interno di un’importante fiera . Al momento della consegna del libro specifica che quella copia dovrà essere restituita il giorno dopo.
Nel secondo, il patron della Hazard edizioni, sempre in un contesto fieristico, a fronte di un importante acquisto di volumi di Tezuka (e Dio solo sa quanto è importante Tezuka e quanto bisogno ha di essere conosciuto, diffuso, sostenuto culturalmente, ché in pochi ne parlano), applica su richiesta uno sconto fiera pari a circa il 5% del costo di copertina. Meno dell’acquisto degli stessi in qualunque fumetteria! Qualcuno regala libri. È vero. Generalmente con due sentimenti nel cuore: la passione, l’amore profondo per quella pubblicazione; il dolore, di doversi staccare da una delle 250 copie di quel costosissimo fumetto che ha prodotto e per il quale difficilmente realizzerà un pareggio.
Cinismo, futile pedanteria di critica militante di un fantasma come Harry Naybors, che non esiste.
Perché gli editori, gli autori, non regalano i propri volumi?
Perché neppure la critica esiste.

(fine seconda parte. continua...) 

Harry

12 commenti:

  1. mmmhhh, Harry, visto che mi citi, mi tocca rispondere...
    importante Fiera... Lucca ? Libro prestato da restituire il giorno dopo...boh, non ricordo...

    Posso solo dirti che anche se, come per i dischi, esiste un esercito di persone che con la scusa di una "recensione" chiede copie omaggio (e fanno bene!... a vent'anni ho scroccato montagne di dischi e pass per concerti grazie alla radio(lina) privata con la quale collaboravo...), l'episodio che citi deve avere qualche altro perchè. In una struttura come Rizzoli Lizard, thanks God, non mi occupo di ufficio stampa. Per ogni libro pubblicato, abbiamo un invio fisso ad un indirizzario. Al quale si aggiungono un'altra serie di persone, che ricevo non TUTTI i volumi, ma una selezione.
    Normalmente, se vuoi un libro di una casa editrice per farne una recensione, lo chiederai a chi, in quella casa di editrice, fa questo lavoro. A me al massimo chiedono se conosco il tal tizio o il tal caio.
    E di base, dico sempre di si.

    Ho militato troppo nella landa dei 'senza portafoglio', per non provare empatia verso il me stesso di un paio di decenni fa.

    simone.romani@guest.rcs.it

    indovinate come può essere usato

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  2. ciao simone.
    grazie per la tua precisazione. che accolgo molto volentieri.
    e grazie per l'indirizzo pubblico.
    (fatene buon uso, però!)

    probabilmente l'episodio è stato dovuto, quindi, a un difetto di organizzazione (o di comunicazione). le giornate in certe fiere sono convulse.

    e per quanto abbia voluto "strumentalizzare" l'episodio in funzione della mia tesi, nessuno dubita della buona fede.

    h.

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  3. se mi dai un indirizzo io un po' di roba te la mando.
    giorgio.trinchero@gmail.com

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  4. Che la critica non esiste lo sostengo da anni, proprio perchè l'ho praticata. Quella che c'è è volontariato. Praticamente è seguita solo dagli addetti ai lavori, con tassi di litigiosità da far invidia al PD. Azzardo un numero dicendo che la critica "sposta" un 5% delle vendite. Pochissimo per i numeri dell'edicola, qualcosa per i numeri delle fumetterie.

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  5. @ senility: grazie per l'offerta. alla fine della quarta puntata ti scrivo.

    @ gianni: ecco, posto che le cose stanno così, dal punto di vista dell'editore la critica "non serve" a nulla. è qui, in questa anomia della critica a fumetti che mi chiedo che funzione abbia. e perché si debba regalare dei volumi a un "critico fantasma".

    h.

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  6. Ho una notevole difficoltà a capire cosa deve fare un editore se non "pubblicare" il prodotto. Rendere pubblico vuol dire, credo, anche fare in modo che alcuni, scelti, pazzi volontari rendano
    più completa la scelta del pubblico, il pagante, il ritorno monetario.Quali sono i canali degli editori? Sono troppo ignorante del settore. L'autore ci lavora magari due anni e l'editore? Due settimane? Perchè? Se non merita di più quell'autore, perchè lo hai stampato? Se ci credi perchè non investi anche solo cinquanta copie nell'affare? Sono confuso da questo strano sistema commerciale. Auguri a tutti, Chendi.

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  7. diciamo che spesso fare l'editore vuol dire fare lo stampatore, più un contratto (in esclusiva o meno) con un distributore.
    ho notizia di case editrici che anziché potenziare l'ufficio stampa, lo eliminano. quelle poche che ce l'hanno. ma sono voci maligne.

    h.

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  8. proseguendo quel che dicevo nel post più in basso, l'indirizzo è press@blackvelveteditrice.com

    Quello che non ne ha uno sei tu :-D

    Baci!
    c.

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  9. se l'influenza sul mercato è cosi bassa all'editore è normale che non gli interessi, se non per motivi personali.

    Potrebbe interessare a quel 5% di lettori che stima gianni barbieri, potrebbero mettere i soldi loro. Non so quanto sia verosimile.

    Potrebbe interessare all'autore, ecco. Ma ci vorrebbe l'onestà di incassare tutto e sempre, da una parte, e la volontà di non sentirsi mai in condizione di dover ripagare un favore dall'altra. Sennò non è critica, ma ringraziamenti.

    Io dei fumetti gratis li presi la prima volta quand'ero piccolo dalla cantina di un mio amico più grande che la madre glieli voleva buttare: marvel, dc primi anni 90.
    La seconda volta, più grande, in un parco ho trovato una busta piena di topolino e braccio di ferro piuttosto datati.
    Aspetto da anni, con fede, che mi arrivi il terzo giro, magari stavolta una valigetta piena di edizioni coconino.

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  10. 5%? Non so … mi sembra un po' poco. Io di quello che si dice e si scrive di un fumetto (così come di un libro o di un film) ne tengo molto conto…

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  11. Da una parte mi viene da sostenere che l'acquisto è un tassello di autonomia critica, perché fuga sospetti di condiscendenza nei confronti dell'autore/editore che avrebebro offerto l'opera.
    Dall'altra, è ragionevole pensare che la distribuizione gratuita di copie faccia parte della normale promozione.
    Immagino sia qui, nella valutazione dell'impegno promozionale, che entrino in gioco considerazioni quali:
    -la polverizzazione degli attori (troppi siti, riviste e tutti poco capaci di muovere vendite);
    - una scarsa rilevanza critica (poca influenza su lettori, autori ed editori)
    - gli scarsi numeri del mercato, che magari rendono molto prudenti gli editori.

    Tutti quei punti sono naturalmente questioni annose.

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  12. @ nuvole: ti scriverò. non sarò a lucca, però. quest'anno altre incombenze.

    @ michele: credo che il mio modo di parlare di fumetti muova poco. di altri modi, non so, non mi permetto di interpretare o giudicare. ma dal poco cono che tengono normalmente l'editoria (o gli autori) sospetto che non sia molto lontano.

    @ pog e ras: credo che la libertà di critica sia una questione di sensibilità, maturità e deontologia. e prescinda dal regalo o meno dei volumi. il mondo del fumetto è così piccolo che i condizionamenti, le simpatie e antipatie ecc. siano talmente facili che solo un po' di stabilità e di coscienza critica permetta di esprimere giudizi autonomi. ma il mio punto è un altro. io vorrei che gli autori o gli editori interessati partecipino attivamente a far circolare idee, proposte e azioni. il loro prodotto, prima ancora che un elemento di puro guadagno, è questo, un prodotto culturale. e come tale, ha bisogno di respirare, prendere vita, avere visibilità, essere discusso, interpretato, rielaborato... è questo un ruolo nobile della critica che viene spesso sottovalutato.

    h.

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La versione a fumetti di Harry è (c) di Daniel Clowes.