lunedì 27 settembre 2010

A colori ma invisibile



Ora è noto, Bone One Volume Edition uscirà per Bao Publishing.
A questo punto, ti chiedo, chi pubblicherà in Italia Rasl sempre di Jeff Smith?
Bone One Volume Edition è l'edizione definitiva per "adulti" del capolavoro in bianco e nero di Jeff Smith. In Usa, un volume come quello, di più di 1000 pagine, è stato ed è un vero successo commerciale, senza se e senza ma.

Poi ad Art Spiegelman viene un'idea: Bone a colori, perfetto per la sua "leggerezza", perfetto per i bambini. Smith cura la nuova edizione, che ha un nuovo target: i ragazzini. Alcuni dialoghi sono alleggeriti per l'occasione, ed ecco che l'opera di Smith ha una nuova incarnazione di successo (e siamo a tre, quattro se contiamo anche l'albetto originale con cui vide la luce la prima volta!).

In Italia, Bone è sfortunato. Tante edizioni interrotte della versione in b/n, conclusa da Panini Comics dopo troppi anni dal primo albetto, e poi la ripresa dall'inizio, con la versione a colori. Diverso target? Nuovi obiettivi di vendita? Librerie per ragazzi? Librerie di varia? No.
La distribuzione nella varia della Panini non è gran cosa. Panini non spende un euro per promuovere quel gioello dal potenziale enorme, e i ragazzini italiani Bone non se lo annusano neppure da lontano. Resta confinato nella trincea del mercato che Panini conosce meglio, per i soliti appassionati.

Sarebbe così strano se Smith, leggendo i dati di vendita della sua creatura, pensasse a un altro editore?
Oppure, sarebbe così strano se Panini Comics, vedendo i risultati commerciali che (non) riesce a portare a casa con Bone, non volesse investire più di tanto e di nuovo con Smith? In particolare per due prodotti molto più complessi per il mercato italiano: un lavoro autoriale straordinario e indecifrabile come Rasl, un librone come la One Volume Edition di Bone che, così come stanno le cose, compreremmo solo io e un gruppo di amici appassionati (se non l'avessimo già in lingua inglese).
Qualcosa non funziona. Di nuovo. 

Harry

Sinergie necessarie



Leggevo attentamente queste righe:

La versione cinematografica di Dalia Nera uscì nelle sale. Fu un flop di critica e pubblico e un trionfo per il tascabile.
James Ellroy, Caccia alle donne


Non so se augurarlo a Dylan Dog.
In ogni caso... dove sono le sinergie nel fumetto italiano?
(in attesa del film di John Doe?!)


Ovviamente Dalia Nera non è un fumetto. Ma lo spunto mi ricorda che non è necessario un bel film per trainare un romanzo o un fumetto. Basta un film, a volte. Come per Watchmen?

Harry

venerdì 24 settembre 2010

Fumetti lisergici

Prossimamente, il ritorno del lettore qualunqu(ista)e...



(c) jim woodring

giovedì 23 settembre 2010

Attraverso i suoi occhi


Pimpa è un personaggio magico.
Quando Altan lo pescò dalla sua mente e dalle sue mani negli anni '70, probabilmente non immaginava cosa sarebbe diventato.
Pimpa è la pedagogia del gioco spiegata agli adulti, prima ancora che puro divertimento per i bambini. L'intuizione di Altan si è rinnovata anno per anno, storia per storia, in un processo simile ma speculare a quello di Calvin & Hobbes. Nel caso di Watterson i bambini (e Calvin per primo) utilizzano il pretesto dello sguardo infantile per svelare la banale complessità della vita adulta. Con la Pimpa, Altan permette all'adulto di comprendere meglio il pensiero magico dei bambini e ritrovarlo nei ricordi del proprio corpo e delle proprie emozioni adulte.
Quel che a volte si sottovaluta, è che Pimpa è un lavoro squisitamente fumettistico, che solo in questa forma può vivere e respirare (i cartoni animati sono un'altra cosa). E che fa sentire il profondo baratro che esiste in Italia per l'assenza di fumetti per bambini altrettanto validi.
La storia qui sotto è esemplificativa (perdonami le scansioni un po' storte).

Harry

(c) altan

I fumetti perché... (11)


(c) magnus e max bunker


... il divertimento di certe "metafore", e il loro ritmo tutto interno al racconto, appartengono solo al fumetto.

Harry

Fumetti esplosivi

Prossimamente...


(c) baru

lunedì 20 settembre 2010

I fumetti perché... (10)

 (c) carl barks


... ricordo che mio cugino, di circa dieci anni più grande di me, mi regalò uno scatolone impolverato pieno di storie di paperi e topi. Avevo dieci anni. Scappai in quelle pagine. Non ne sono ancora uscito.

Harry

domenica 19 settembre 2010

Della loro tragica fine, e di un seno enorme



The Troublemakers. Un film di azione.
Benvenuti. Popcorn, bibita ghiacciata. Vecchio cinema squinternato, con le poltroncine un po’ sporche e non tanto comode.
Fritz, la formosa sorella di Luba è spietata attrice protagonista, falena dorata pronta a tutto. Il tradimento è il principio su cui si regge ogni evoluzione della storia. Nessuno è libero, nessuno è prigioniero, se non del proprio tragico finale.



Questo il gioco di Gilbert Hernandez, che dopo l’incredibile, inarrivabile saga de La Zuppa dei Cuori Infranti, dove ha dato vita al micro-cosmo di frontiera di Palomar, gioca con le sue creature, in piena libertà e, importante dirlo, senza spiegare nulla al lettore. Qui non si parla di pellicole, se non in quarta di copertina. Qui si entra nella storia e basta, in un solo fiato fino alla fine.
Hernandez è diventato ancora più essenziale e pulito nel tratto, ancora più segnico e diretto. La bella Nala (Fritz) è curve ed erotismo pulp, e il romanticismo tra i protagonisti, lo sappiamo già, è una nuvola di fumo. Toccante e vero quanto obnubilante.
I protagonisti danzano mentre si parlano, e il ritmo è una delle componenti essenziali di The Troublemakers. Non solo ritmo interno alla tavola, ma anche nei “tagli di regia”, nei passaggi da una scena all’altra, nell’incrociarsi dei personaggi, nei dialoghi asciutti e senza giri di parole,  ognuno perfetto nella sua bidimensione banalmente espressiva, feroce e fortissima.


I volti dei personaggi sono poche linee composte, sono maschere, sono finzione che nulla tolgono alla forza del racconto, ma ne amplificano le caratteristiche dinamiche, le derivazioni da telenovela, la recitazione che potremmo dire amatoriale. In tutto questo, quello che vince, in una contraddizione che mi sorprende, è la storia. Perché quelle maschere, alla fine, sono ottime rappresentazioni dell’umanità in balia delle proprie emozioni e delle proprie violenze.


E di violenza, di conflitto esistenziale, di bisogni primari Gilbert Hernandez ci racconta da sempre come nessun altro sa fare.
È da questo punto di vista che mi godo la scena di violenza più drammatica e diretta che mi è capitato di leggere negli ultimi mesi (ma non farti sfuggire la leggerezza e l'ironia interna che emerge dal tratto, in ogni vignetta, qualcosa che riesce solo al fumetto, dove la violenza viene immediatamente trascesa e ridicolizzata).
La scena termina con Nala, procacemente distesa su una sdraio, lei che con la sua bellezza mette tutti ai suoi piedi e determina le sorti di ogni persona coinvolta. Ché il sesso fa girare il mondo, babydoll.

Harry



(c) gilbert hernandez

sabato 18 settembre 2010

I fumetti perché... (9)

 (c) darick robertson

... cazzo, sono supereroi o fottute, tossiche superstar?! Dico, quelli che si vedono ogni giorno in televisione.

Harry

venerdì 17 settembre 2010

A piedi nudi


E in Europa qualcuno perde di nuovo le scarpe.
Avverto uno strisciante timore e un inquieto diffuso sradicamento da questo paese, da questo continente, dove si specula sul futuro attraverso un presente di paura e violenza razziale. Dove si bandiscono i foulard, si cacciano singoli gruppi etnici, si inchiodano ai muri dei luoghi pubblici i crocifissi, si riempiono le scuole di simboli leghisti, si fanno accordi con diavoli libici per fermare i disperati alla catena.
Dove la Lega Nord, che con la scusa del federalismo diventa squadrista, populista, sgualdrina…
che con l’ideologo Miglio teorizzava uno stato del sud autonomamente e legittimamente governato
dalla mafia (in accordo con Servizi Segreti e Massoneria); che urla Roma ladrona e da 15 anni ha
messo in Roma piedi mani valige reti e condizioni …
Dove le destre xenofobe e prive di immaginazione politica governano nazioni con civiltà secolari
ridotte a spot e a folklore per turisti.


A riflettere su queste perdite di identità e di coscienza civile mi porta Walter Chendi con La Porta di
Sion
(Edizioni BD), quando ci racconta dell’alba della Seconda Guerra Mondiale e di un infausto
discorso di Mussolini a Trieste.
C’è di più in questo splendido racconto. C’è l’idea della crescita umana come specchio dell’atto
di libertà ed emancipazione. C’è l’idea che il mondo che ci circonda si riflette nelle coscienze
individuali e viceversa.
C’è la leggerezza della saggezza ironica e non spocchiosa. C’è l’urgenza di un mondo alla deriva e
di come tutto precipita.
E ci sono i piedi nudi di chi sente che ogni passo può essere definitivo, ultimo, dolorosamente
mortale.
Una bellissima metafora.
Ecco, si dice, come ricorda Chendi, che qualcuno senta prima l’arrivo dei temporali. E io sento
un’umidità nell’aria che non mi piace per nulla. Anche se mantengo una vaga serenità. Dopo ogni
temporale, anche il peggiore, torna il sereno.

Sfogliamolo un poco insieme.

Inizia il racconto, e subiro la metafora dei piedi nudi, nell'unico momento presente, a colori.


Essere nato in Italia, il fascista perfetto, aderire a un modello, non è sufficiente se sei un giudeo. 


Il balletto ipocrita del potere, delle rappresentanze politiche, salvo cadere di fronte alla crudezza delle affermazioni del Duce. 


 La tradizione religioso-spirituale è l'unica speranza. Ma il rito non può fermare la tempesta in arrivo. Quella forma difforme di golem è inquietante, almeno quanto le parole del vecchio. Così cariche di anticipazione.


La piega dell'inclinazione autoritaria accompagna l'inquieta danza amorosa del protagonista. Chendi mantiene la leggerezza delle emozioni, nei movimenti della crescita.


E la vicenda sociale e politica lascia il passo all'apertura del cuore, alle possibilità che si aprono di fronte all'amore e all'incontro di un paese nuovo.


Ma il temporale arriva. Il temporale è nell'aria.
Chendi decide di fermarsi prima, però. Al momento dell'incrocio delle possibilità, di fronte alla gioia. Come a dire, le atrocità non possono annullare le speranze dell'essere umano.

Non dico altro. Solo, leggi La Porta di Sion. C’è affetto passione amore comprensione e semplicità dentro. Tutte cose di cui abbiamo infinito bisogno.

Harry

giovedì 16 settembre 2010

Luce a neon

Quella degli uffici, delle cliniche, dei sotterranei, delle fabbriche, delle palestre...
I luoghi dove per lo più passiamo il nostro tempo.
Non è pigrizia o disinteresse, la mia di questi giorni.
Solo un'improvvisa riduzione di tempo.

E mentre davvero poco di interessante accade nel fumetto in Italia, in questo momento, e tutto sembra riflesso di luci a neon, arrivano i giorni di Chris Ware (a Romics) e si avvicina un piccolo interessante festival come Komikazen, dove il fumetto di realtà prende forma. Mi chiedo perché siamo così circondati da fumetti di irrealtà. Ma questo è un inciso.

Leggo sulle anteprime e i mega le prossime uscite previste per Lucca Comics e mi sorprende l'apparente basso profilo. Qualcuno spara le solite concentrate cartucce, qualcun altro come Coniglio Editore si ferma di colpo. E sì che sembrava imboccare alcune strade importanti. I conigli stanno tornando nella tana? Sono finiti i soldi delle Winx?

Se guardiamo fuori dalle griglie e dalle vignette scontornate, dove l'occhio può fuggire, riusciamo a riconoscere qualche luce diversa. Ma in queste settimane ho solo il tempo per suggerire, postare singole tavole, e riempire il blog di "perché".

Vorrei parlare di: Love and Rockets, Quattromila chilometri al secondo, Pimpa, Eddie Campbell, Fables, Terry and the Pirates, Young Liars, King Aroo...
Ogni cosa ha un suo ritmo. E aspetto. E magari dimentico quello che voglio dire.
Non è che mi dispiaccia veramente. E non è che mi sento responsabile.
Ma almeno leggere quello che mi manda Andrea Plazzi in email!

Che pensiero cupo queste edicole che vendono di tutto tranne i giornali e i fumetti...

Harry

I fumetti perché... (8)

 (c) andra pazienza

... per quanto in molti cerchino la fuga, c'è sempre qualcuno che ti inchioda alla verità.

martedì 14 settembre 2010

I fumetti perché... (7)

copertina di corrado mastantuono


... malgrado le attese, spesso arrivano a una fine.

Harry

lunedì 13 settembre 2010

I fumetti perché... (6)

autoritratto di galep


...ci sopravvivono.

Harry

sabato 11 settembre 2010

Per sempre X-Men



Ora, io non è che ci capisco molto sai?
Non sono mai stato un detrattore di Chirs Claremont per il semplice fatto che sono salito a bordo con l'ottimo e drammatico ciclo de La Caduta dei Mutanti, seguito dall'oscura e innovativa lunga avventura in Australia (con i disegni di un giovane Marc Silvestri, ricordi?). E nel giro di pochi mesi ebbi la fortuna di recuperare la saga di Fenice Nera, con il fondamentale contributo di John Byrne. Insomma, mi sono goduto il meglio negli anni giusti. Recuperando il recuperabile, e apprezzando con gli occhiali giusti le innovazioni di Jim Lee prima della diaspora Image Comics.

Posso dire che Claremont mi ha sempre coinvolto e annoiato, allo stesso tempo. Mi piacevano le sue trame, mi piaceva l'idea che aveva di evoluzione dei personaggi e delle storie. Trovavo spesso noiose nell'insieme le sue sceneggiature.
So però che dopo di lui, gli X-Men sono diventati una sorta di parodia. Il lungo ciclo di Lodbell è stato... lungo. Solo Morrison ha saputo offrire un punto di vista originale e a tratti convincente.
Oggi per me, gli X-Men sono per sempre morti. Non mi riesce di leggerne nemmeno una tavola. Persino il "ragazzo" d'oro Ed Brubaker ha dato il peggio. Ovvio, idee e impianti vecchi, immobili da decenni.

Che dire quindi del ritorno di Claremont agli X-Men interrotti negli anni novanta, nel progetto X-Men Forever? Che l'idea sarebbe interessante se non fosse fuori tempo massimo. Che lo sceneggiatore è ormai incapace di innovarsi stilisticamente. Che le sensazioni nelle sceneggiature sono sempre meno giuste.
Eppure, di queste nuove vecchie storie, nostalgia a parte, qualcosa si salva. Forse, la decisione di rimettere tutto in discussione e di voler sorprendere il lettore di nuovo. Naturalmente, da un punto di vista strettamente soap-operistico, e non certo concettuale (come fece invece Morrison).

Non so se consigliartelo. So che se rimpiangesti l'allontanamento di Claremont dalla Marvel anni fa, allora forse hai una piccola vena giusta per comprendere queste storie e, boh, divertiti un po'?
Altrimenti, dimentica gli X-Men. Forever.

Harry

I fumetti perché... (5)

 (c) manuele fior


... "sono innamorato di te".
In quel viso ci sono tutti gli amori della vita, che sono stati e che saranno.

Harry

giovedì 9 settembre 2010

I fumetti perché... (4)

 (c) james kochalka


... parole e immagini che danno origine a suoni. E risuonano dentro, se sai ascoltare.

Harry

martedì 7 settembre 2010

I fumetti perché... (3)

(c) robert crumb


... hai presente quando sei piccolo, prendi in mano i pennelli e le tempere, disegni su fogli enormi, dimentichi tutto il resto e ti sporchi completamente? Ecco, i fumetti migliori ti sporcano dalla testa ai piedi.

Harry

domenica 5 settembre 2010

I fumetti perché... (2)

 (c) moebius

...sono meticci come tutte le cose più belle del mondo.

Harry

venerdì 3 settembre 2010

Offrirono una valanga di soldi

Sempre a proposito di Mondadori, i Paguri raccontano una storia:

Anni fa si presentò in redazione un inviato di Mondadori.
Erano fortemente interessati al Vernacoliere e volevano acquistarne il marchio (sempre lasciando tutto com’era) per tiraci fuori una linea da cartoleria, come Comix o Smemoranda, quindi agende, zaini, quaderni, etc…
Per questo offrirono UNA VALANGA di soldi.
Mario ci pensò sopra e, cortesemente, rifiutò.

Tutta la storia qui.

Harry

I fumetti perché... (1)


 (c) guido crepax

... amo tutte quelle linee messe insieme a formare uno spazio nuovo, dove l'occhio e la mente possono perdersi.

Harry

mercoledì 1 settembre 2010

Berlusconi non sa...

Altre posizioni di autori della casa editrice in merito al tema Mondadori. Tutte in modo diverso contrarie alla posizione di Mancuso.
Riporto alcuni passaggi:

Anche Saviano, diciamocelo, è un prodotto che nasce dall’officina Mondadori. E se c’è un uomo distante dal mondo della cultura, quello è Silvio Berlusconi. Non saprà nemmeno di possedere Einaudi.



Quando scrissi il libro nessuna casa editrice lo volle pubblicare, né Rizzoli né Einaudi. Si fece viva la Mondadori che pubblicò il libro senza modificare neanche una virgola di un testo che in alcuni passaggi è durissimo contro i provvedimenti della politica sulla giustizia. Un esempio tangibile di liberalismo.

Ci sono case editrici che per tradizione e libertà delle persone hanno resistito bene alla proprietà nelle mani di un presidente che sappiamo non arretrare di fronte a nulla per il proprio interesse personale, a partire dall'acquisizione truffaldina dell'azienda. Resistere con loro significa aiutarli anziché complicare le cose, naturalmente senza deflettere di un millimetro dalle proprie posizioni avverse al berlusconismo.

Premesso che la legge ad aziendam è un fatto gravissimo, è uno dei tanti contro cui stiamo combattendo dall'interno. Penso che a tutti noi sembri una porcata e ci sto anche, a sentirmi un po' male a lavorare lì, ma dovrebbe sentirsi male tutta l'Italia per aver votato quell'uomo e il conflitto di interessi che si porta dietro.


Il male politico finanziario e la libertà culturale procedono su due binari distinti, evidentemente.
Il che fa riflettere e chiedere cosa sia Mondadori per Berlusconi e viceversa.
Per inciso, ricordo che Berlusconi impedì a Einaudi di pubblicare la raccolta di testi dal blog di Saramago perché apertamente contro il premier italiano.
Chiusa la parentesi politica?

Harry


Tutti i testi di questo blog sono (c) di Harry Naybors, salvo dove diversamente indicato.
Puoi diffonderli a tuo piacere ma esplicitando sempre l'autore e/o la fonte.

La versione a fumetti di Harry è (c) di Daniel Clowes.