mercoledì 30 marzo 2011

L'impossibile critica (2)



Oppure, ammettiamo che il fumetto sia arte. Tolte le stratificazioni dovute ai meccanismi commerciali, alle necessità riproduttive e ai supporti, ridotte le implicazioni concettuali quali la distinzione tra popolare e autoriale… al netto delle stratificazioni, il fumetto è una forma di espressione artistica. L’autore che si pensa artista ha ragione, insomma, perché nella sua vocazione, nella sua intenzionalità, realizza opere d’arte in forma di fumetto.
Ma l’opera d’arte è tale in relazione alle intenzioni del suo autore o sulla base del risultato prodotto?

Esiste l’idea dell’opera d’arte pura, quella che prescinde completamente da altre esigenze se non quella della necessità espressiva. Incondizionata da un possibile pubblico (ma interessata ad avere dei possibili interlocutori), dal mercato e i potenziali acquirenti, da logiche di marketing e promozione. L’opera d’arte pura nel fumetto prevede l’autore/eroe libero dai condizionamenti, lontano dalle sirene del profitto seriale, dei personaggi popolari. Secondo questo punto di vista, la qualità artistica è legata alle intenzioni dell’autore, che decide di fare arte. In un mercato compresso e poco industrializzato come quello del fumetto, l’autore/artista puro ha più possibilità di esistere. Potrebbe essere quello che ha un primo lavoro con il quale paga l’affitto e per vocazione realizza fumetti. Da questo punto di vista il risultato qualitativo è ininfluente. La critica potrà mettere in fila, connotare, delimitare, catalogare, disprezzare, elevare ma nulla potrà mettere in discussione l’intenzione artistica dell’autore/eroe. In casi limite, l’autore/eroe disprezza l’idea stessa di poter trarre profitto dalle sue opere. Uno degli esempi maggiori di questa necessità eroica e, perché no, contro-culturale si è vista nei primi anni ’80 negli Stati Uniti con la diffusione dei mini-comix, auto-prodotti dall’inizio alla fine, ciclostilati e venduti di mano in mano. Ecco il manifesto di una delle case editrici che per prime hanno dato visibilità a questo fenomeno, la Newave:

Why do we go on drawing comix when there is no money in the business? We have no choice. Comix are what we do, the way we express ourselves, the way we react to reality. Ideas come and they have to be drawn, reproduced and passed around. It makes little difference if fifty or fifty thousand people read them. Ideas and their expression are the issue, not quantity or quality... Newave is about art, not money.
Clay Geerdes, January 1, 1983

(Perchè continuiamo a disegnare comix quando non ci sono soldi nell'editoria specializzata? Non abbiamo alternative. I comix sono quello che facciamo, il modo in cui ci esprimiamo, in cui interpretiamo la realtà. Arrivano le idee e devono essere disegnate, riprodotte fatte circolare. Fa poca differenza se li leggonono cinquanta o cinquanta mila persone. Il punto sono le idee e la loro espressione, non la quantità o la qualità... Newave si occupa di arte, non di soldi.)

Il fumetto artistico come necessità biologica primaria, di espressione, di espulsione. Il fumetto come feci. Il pubblico deve solo accogliere quel che viene, sia bello e profumato o sporco e puzzolente (e nel caso dei mini-comix la seconda opzione era la più probabile). Il pubblico può decidere se fare parte o meno di quel mondo, di quel gioco. Costruito sul meccanismo dell’identificazione e dell’appartenenza, il fumetto espulsivo diventa un movimento, e l’arte è l’insieme delle possibili forme espressive che ne derivano, guidata dalla volontà eroica dell’autore/artista che lotta contro uno status quo intollerabile e stantio.
La critica, per l’autore/eroe, è per lo più un nemico da combattere, perché inadeguata a giudicare, sempre troppo lenta, non al passo con la portata rivoluzionaria del movimento, collusa con il potere “istituzionale” dei prodotti tradizionali.
E l’eventuale critico che suo malgrado apprezza quelle forme espressive, o è un pazzo o ha qualche interesse personale. E in ogni caso, si ritrova con l’arma della critica spuntata, perché sarà difficile per lui mettere in discussione le singole opere d’arte, le singole espulsioni, pena la messa in discussione dell’intero movimento.
È in questa logica che si annida la trappola del conformismo dell’anticonformismo, dell’artistico come qualità massima purché sia diverso, strano, innovativo… puro. Tutto il fumetto concepito in un certo modo è arte!

Harry
(continua)

5 commenti:

  1. La storia delle feci mi ha fatto pensare a Psycho pathia sexualis.

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  2. A questo punto aspetto la fine del ragionamento prima di commentare ulteriormente :-P

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  3. L'argomento è interessante, con un sacco di spunti. Mi ha fatto tornare in mente 'La luna e sei soldi' di Maugham, e il suo protagonista, il pittore autenticamente anticonformista, con la sua carica di libertà oltraggiosa.

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  4. avevi letto qui?
    http://harrydice.blogspot.com/2010/04/arte-varia.html

    ciao!
    h.

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  5. No. Era un post molto interessante che raccomando a quelli che seguono questa discussione. E sto meditando di acquistare il volume di Sfaar.
    Riprendendo in mano 'La luna e sei soldi' ho notato che, al tempo in cui lo lessi, mi ero segnato anche il passo sul riconoscimento della bellezza ... curioso. Hai poi letto altro di Maugham? Consiglio i racconti, per lo più ambientati nei mari del sud. Leggendoli ci si appiccica del caldo afoso anche in inverno e si soffre al cospetto di personaggi prigionieri di sè stessi.
    Ciao
    Sergio

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