martedì 22 marzo 2011

In gita scolastica: quello che osservo quando osservo



Fermo nel centro di una cittadina, seduto su una panchina, sole e pranzo e vento e una fontana brutta, puntuta, circolare, inutile. Ricordo l'anno della costruzione. Ricordo di aver pensato che merda, quando fu inaugurata.
Il silenzio del vento e dello scorrere dell'acqua è interrotto da grida di bambini. Una classe elementare passa a sciame, cappellini gialli in testa, panini di McDonald's. Ai polsi di molti di loro pende una digitale. Molti si fermano, osservano e fotografano la fontanaccia. Disposizione d'animo, penso. Sono in visita a una città e la loro mente è programmata per ricercare cose belle, o più probabilmente, cose da fotografare. Logica da consumo, come in tutto. Neppure testimonianza. Il digitale, poi, tolto il peso del costo del rullino e della stampa, livella le scelte verso il basso: nel dubbio, scatto.

Cosa osserviamo quando osserviamo? Quando guardiamo un fumetto, muovendoci tra le vignette, quali scatti facciamo? Dove si ferma più a lungo il nostro sguardo, a memorizzare, interpretare, attribuire? Il nostro gusto, di dipendenti visivi, è livellato verso il basso? L'abitudine digitale, ripetizione identica a se stessa, senza supporto tangibile, come si riversa nella lettura di un tradizionale fumetto cartaceo? Cosa sfugge al nostro sguardo, perché abituati ad altro? Siamo in gita, quando guardiamo un fumetto, cappello giallo in testa e hamburger, più interessati alle relazioni sociali, a quella sensazione di libertà mista a eccitazione, che a riconoscere cosa realmente vale, rimane, persiste? In questo, nell'essere in gita, si può riassumere il concetto di evasione, di intrattenimento di questa post-modernità?

Harry

1 commento:

  1. questa riflessione è una bella fotografia ( dal sapore rigorosamente analogico )

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