lunedì 8 novembre 2010

Tex a rotta di collo



Tex lo puoi prendere in diversi modi.
Mauro Boselli ci arriva da lontano, gli gira intorno, lo porta nel mezzo dei guai, muove i comprimari con coralità e spacca la scena fino a decomprimerla, spesso, in modo da accentuare i momenti drammatici e le conseguenze emotive dei personaggi. Un umanesimo texiano che a volte si è rivelato fin troppo lento, ma che ha spesso germogliato con originalità.
Tito Faraci sembra aver scelta la via dritta, quella che catapulta Tex nel mezzo dell’azione, e lo mette a confronto con le sue infinite risorse, fisiche e di fine intelligenza strategica, per poter sopravvivere e arrivare a capo della sfida. Tex come fumetto western di azione è una scommessa, perché fa i conti con le storie di Galeppini e Gianluigi Bonelli, perché sfida i decenni di letture ormai consolidate del grande zoccolo duro degli appassionati texiani, e soprattutto perché richiede una sceneggiatura a orologeria. E poiché, da quel che so, il fumetto è anche (soprattutto, direbbe qualcuno) disegni, il contributo del disegnatore è fondamentale per la buona riuscita degli intenti di Faraci. E andiamo avanti.


Di Roberto Diso in molti potrebbero aver perso le tracce, terminato il suo lungo connubio con Mister No. Diso è un disegnatore di bottega, un artigiano del fumetto, di quelli che hanno sempre messo la pratica del fare davanti alla teoria (se leggi Lezioni di fumetto: Roberto Diso, Coniglio Ed. puoi fartene una chiara idea). Un uomo che ha vissuto il fumetto come un mestiere umile e degno, faticoso e appassionante. Oggi Diso, grazie all’amicizia inossidabile con Sergio Bonelli, continua a lavorare nella casa editrice con progetti fuori serie, che hanno un piede nel passato, nella storia (per esempio Mohican) o che si confrontano con mondi lontani diversi ma sempre esotici, come quelli che lo resero celebre in Mister No, in questo caso l'esotico del  western texiano. Sia chiaro, Diso lavora ancora in Bonelli perché resta un signor disegnatore, nel pieno delle sue capacità.

Non voglio farla lunga, ma se Diso ha qualcosa da insegnare a molti disegnatori là fuori, è senza dubbio come muovere i personaggi e la scena, come simulare il dinamismo nella tavola, come cogliere l'attimo dell’azione nel momento più significativo o drammatico. È anche uno di quegli autori realistici che negli anni ha sempre più accentuato una certa insofferenza per la connotazione precisa e copiata del reale, cercando nella rappresentazione un buon equilibrio con il segno iconico, omettendo particolari e sporcando il segno con tratti di china essenziali e, anch’essi, dinamici. A volte viene da immaginare di osservare la mano che si muove, tra una vignetta e l’altra, mentre lascia quei segni chiari e precisi per quanto essenziali e stilizzati.
Sono particolari che con l’età, il mestiere e l’abitudine si sono via via accentuati, caratterizzando ancor di più uno stile unico, nel fumetto seriale.

Per l’idea che Faraci ha di Tex, per quel gioco cinetico che sembra voler rincorrere, dove energia e azione non sostituiscono certo la cura per lo sviluppo della narrazione e dei personaggi, ma si accompagnano vicendevolmente, Roberto Diso è forse un partner di eccezione. E sarebbe sciocco darlo per scontato, o sottovalutarlo, o non curarsene. Anche se entrambi sono ingabbiati nelle logiche produttive proprie del fumetto seriale, anche se entrambi sono costretti dagli obblighi che un’icona come Tex impone. Muoversi in questi ambiti spesso asfittici non è semplice, e ancor meno è facile riuscire a divertire e a coinvolgere, come i due sanno fare in La Belva Umana.

Harry







tavole di faraci e diso da la belva umana, maxi tex, sergio bonelli editore
copertina di claudio villa

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La versione a fumetti di Harry è (c) di Daniel Clowes.