martedì 30 novembre 2010
Non è facile la Memoria.
Ricordiamo spesso. Siamo inchiodati ai ricordi. Viviamo di nostalgie e speranze per il futuro eterodirette.
Ma la memoria è selettiva. E dimentichiamo quel che non ha vita, per noi, in quel momento. Non ha vita apparente.
Ogni lavoro sul recupero della memoria, quindi, soprattutto se di memoria storica si parla, è potenzialmente importante, determinante, necessario. Paolo Cossi ha scelto di iniziare con il racconto di cronaca, e di proseguire sul solco della storia.
Quando uscì Unabomber per Becco Giallo, forse la loro primissima pubblicazione, ricordo un vago senso di straniamento. Cossi non mi piaceva. Non il suo tratto, non il suo ritmo. Non ne capivo le intenzioni. Ma ero affascinato dal tentativo di raccontare l’Italia attraverso la cronaca. Attraverso la storia (con la “s” minuscola, quella della cronaca nera).
Nel 2009 Paolo Cossi è un autore cresciuto, che cerca una strada precisa. Pubblica per la Hazard Edizioni di Milano Medz Yeghern - Il Grande Male, un ricordo del tragico sterminio armeno ad opera del governo turco, avvenuto durante la Grande Guerra, tra il 1914 e il 1916. Medz Yeghern è importante perché la tragedia armena è una delle più taciute della storia contemporanea. Ed è doppiamente importante perché rappresenta una strana apparizione a fumetti a opera di un autore italiano. La comunità armena, come accade a seguito dei genocidi, è dispersa nel mondo. Una parte vive in Italia, e non mancano a onor del vero le pubblicazioni in lingua italiana che raccolgono testimonianze e tirano le fila di questa follia politico-razziale. Ma nel fumetto italiano, così povero, bisogna dirlo, di osservazioni della storia del Novecento, spicca come un’opportunità nuova, stimolante. Che tuttavia non raggiunge quanto sperato.
Non so dire perché Cossi abbia deciso di approcciare questo tema. Il suo lavoro non ce lo spiega. E non è chiaro, forse, neppure quale percorso personale, umano e culturale l’autore abbia messo in moto per arrivare alla realizzazione del fumetto, al di là della necessaria ricerca bibliografica e della documentazione iconografica. Cossi decide per un taglio narrativo diretto, partecipativo, a tratti accusatorio, dove la testimonianza si concentra su alcune piccole parabole personali, riportando stralci di diari e di dialoghi veri o verosimili. Cossi decide di legare i diversi eventi con passaggi evocativi e vagamente poetici.
Purtroppo all’autore mancano due aspetti: una freschezza di pensiero che permetta un approccio originale e non didascalico al materiale storico; un disegno solido e in sintonia con le emozioni che la storia vorrebbe comunicare.
Il segno di Cossi è altalenante, quasi espressionista in alcune parti, troppo leggero, goffo in altre. I personaggi recitano la loro parte, senza viverla. Il lettore percepisce un distacco.
La trama è guidata dalle necessità esplicite dell’evocazione, ma perde in dinamiche drammatiche, in momenti e passaggi narrativi significativi per il lettore. Sembra un filo coordinato di eventi che si osserva e svolge da lontano. E Cossi perde così l’occasione più importante, quella di rievocare il grumo denso di inspiegabile vergogna e paura che le vittime armene hanno dovuto patire, e l’annullamento ideologico di qualunque umano senso del rispetto, della misura, della pietà dei carnefici.
La tragedia armena è l’ennesima ombra che pesa sull’umanità.
Il percorso artistico di Paolo Cossi è ancora sospeso nell’incertezza. Non ho ancora avuto tuttavia l'opportunità di sfogliare la sua biografia su Hugo Pratt, il suo passo successivo a questo. Ne ho sentito parlare bene. Ne ho sentito parlare male.
Harry
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