martedì 12 gennaio 2010
(In)fedele
Per chi, come me, conosce e ricorda le storie di Tex che hanno fondato le sue origini e, perché no, la sua longevità, quelle scritte da Gianluigi Bonelli e da un eccellente staff di disegnatori, di "artigiani e impiegati" del tavolo da disegno, sa che la loro forza principale era il movimento.
Al puro servizio della fantasia, dell'invenzione e dell'avventura, Bonelli portava Tex e i suoi amici in giro attraverso eventi in continua, soprendente successione. Un po' l'opposto, paradossalmente, del Tex concepito dall'ultimo Claudio Nizzi che appare stanco e statico quanto lo scrittore.
Questa caratteristica, il dinamismo, si manifesta attraverso un'attenta costruzione della sceneggiatura e un processo di sintesi narrativa che è un difficile equilibrio tra familiarità delle situazioni, eventi inattesi, movimento di "camera", cura dei particolari e rappresentazione simbolica del mondo "western all'italiana" e dei suoi "abitanti".
L'uomo di Baltimora, di Tito Faraci e Giovanni Bruzzo è, a mio avviso, un esempio di come quel modo di concepire Tex sia ancora attuale ed efficace. La classicità del personaggio passa attraverso un chiaro ritorno a quello che lo ha reso divertente e longevo, appunto. Faraci, si sa, studia Bonelli e il suo Tex da tempo. E lo fa bene, catturandone l'indole e lo spirito. Senza mediazioni e senza sentimentalismo o nostalgia.
Bruzzo, alla sua prima prova con Tex dopo anni di Mister No - pur rifacendosi a chiari riferimenti per quanto riguarda soprattutto la caratterizzazione dei volti di Tex e figlio che, ahimé, a volte appaiono fuori registro e troppo derivativi rispetto al resto - offre in ogni caso un'interpretazione dinamica e in sintonia con la sceneggiatura.
L'uomo di Baltimora è quello che, nella mia testa, dovrebbe essere la serie di Tex: diversa dallo stile drammatico del pur ottimo Boselli, un avventuroso personaggio senza mediazioni esistenziali e strutturato attraverso taglienti, rapide e centrate caratterizzazioni dei personaggi.
La strana "spalla" di questo numero, uno scrittore/disegnatore che osserva da fuori, ma senza evitare di intervenire quando serve, rappresenta l'idea stessa alla base dell'ennesima re-interpretazione di un personaggio storico, che fa dell'infedele fedeltà alla matrice originaria la sua essenza.
Harry
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Era da tanto tempo che non mi capitava di rileggere più volte un nuovo episodio di Tex. Il merito è soprattutto nella sceneggiatura, che alterna dialoghi frizzanti ed intelligenti a momenti drammatici e spettacolari.Il personaggio dell'eclettico e multi-talentuoso Hodson presenta, a mio parere, degli aspetti oscuri, che lasciano intravedere degli sviluppi interessanti per il seguito della storia.Bruzzo, il disegnatore, lo raffigura spesso sorridente, ma è nei comportamenti dello scrittore, spesso invadente o esageratamente gentile,che si percepisce una sorta di ambiguità. Kit Wller ne è affascinato, ma l'esperto Tex si mostra spesso diffidente verso il nuovo arrivato.Faraci ci offre un Tex più umile ed autoironico, quando dice di essere stato battuto in velocità (affermazione tutta da verificare, dato che Hodson ha visto per primo il riflesso del sole sulla canna del fucile dell'indiano).Attendo con impazienza il numero di febbraio.
RispondiEliminaGiuseppe Acciaro