Esiste qualcosa come un’estetica horror.
Ma le estetiche cambiano nel tempo e con il tempo. Recentemente, per mia sfortuna, sono incappato nel prequel Non aprite quella porta, l'inizio che ho trovato fuorviante. Più che estetica horror, sembrava estetismo da videoclip: nella messa in scena, nell’abbigliamento fintamente vintage dei protagonisti, nei loro sguardi belli e vuoti, nella regia, che si ostinava a seguire il culo delle protagoniste nelle fughe, in un (finto) contrasto con la bruttezza (posticcia) dell’assassino.
estetica horror da fondoschiena: non aprite quella porta
Il bello a contrasto dell’orrore c’è sempre stato. È uno schema comune quanto abusato. Anche banalizzato (come nell’esempio del film). Eppure, questo antagonismo ricalca un principio universale: la salute e la giovinezza associati alla bellezza, in contrasto con la malattia e la vecchiaia per la bruttezza, la deformità. In effetti, la bellezza risponde al principio dell’equilibrio, della conservazione e dell’omeostasi. L’abbruttimento a quello della corruzione e della morte. Niente muta le strutture quanto la putrefazione.
Da qui, derivano due atteggiamenti nevrotici interconnessi tanto comuni nella nostra società: l’attaccamento a tutti i costi a un’ideale di bellezza etero-diretto (e imposto), con le sue tante derive patologiche quali il continuo ricorso alla chirurgia estetica; il rifiuto e il terrore per qualunque cosa che si discosti dall’ideale di bellezza, o di diverso da un preciso canone.
Da un punto di vista psicologico, bellezza e orrore si possono facilmente collegare al concetto di ombra espresso da Jung, e di cui, sul piano narrativo, Louis Stevenson ci ha dato una perfetta e insuperata rappresentazione in Dottor Jekyll e Mister Hyde. La deformità di Mister Hyde (la nostra ombra nascosta) è proporzionale alla sua perversione, contaminazione morale. E qui, un nuovo collegamento. Al bello è associato il giusto e il puro, su un piano morale.
dottor jekyll e mister hyde nell'interpretazione grafica di mattotti
Bellezza e saggezza hanno anche un principio biologico: la rabbia, la tristezza, la paura, l’angoscia deformano l’espressione del viso e piegano il corpo; la gioia e la pace d’animo accendono il sorriso ed elevano il corpo.
Nel fumetto, che vive di semplificazioni visive e iconiche, la rappresentazione del male e dell’orrore è spesso associata a caratterizzazioni dei personaggi coerenti con il principio di cui sopra. E sorprendono ancora oggi esempi che contrastano con questa legge: la perversione e il male nascosti dietro a volti angelici, puliti, apparentemente puri. Infrangere la regola vuol dire utilizzare la tecnica della sorpresa, della mistificazione, della finzione.
C’è un principio ulteriore nell’orrore nascosto dietro al bello. Quello del distacco. Un essere corrotto, per mantenere una sembianza bella, incontaminata deve distaccarsi dalle emozioni che si collegano all’orrore e al male. Queste figure sono spesso rappresentate come inespressive, gelide, se non enigmatiche. Un maestro dell’ambiguità (morale e nella caratterizzazione dei personaggi) è Naoki Urasawa. Monster, che al momento considero la sua opera più appassionante, è piana di personaggi di questo tipo, sia maschili che femminili, coerentemente con il mistero che sottende la narrazione e l’ambiguità dei comportamenti.
naoki urasawa: buono o cattivo?
Al contrario, in Tex della Bonelli, serie che non è certo nota per il suo approccio iconoclasta, i cattivi sono spesso rappresentati in modo tradizionale: brutti, sporchi e cattivi. Un approccio di cui a suo tempo si lamentò Gianfranco Manfredi, in occasione della sua collaborazione con Miguel Angel Repetto, colpevole a suo dire di rappresentare i personaggi secondo questi principi che lo sceneggiatore definisce cliché. Non è un caso, quindi, se il protagonista negativo dell’ultimo lavoro di Manfredi su Tex (nel Texone attualmente in edicola) è rappresentato come un uomo bello, pulito, e… enigmatico.
copertina del max tex di manfredi e repetto
alan moore e steve bissette: swamp thing
A questa tradizione, commista a un’attenta rilettura di una specifica ricerca horror giapponese e a un segno che sembra avere legami stretti con certa tradizione italiana (Magnus su tutti), sembra rifarsi Ratigher nel suo Trama, un lavoro che gioca sul luogo comune e sulla contaminazione delle coscienze. In attesa di approfondire Trama, ti lascio con un videoclip horror inaspettato e riuscito, che perfettamente riflette su quanto ho parlato qui: bellezza, corruzione del corpo, inquietudine e ambiguità. La canzone è Istrice dei Subsonica, il regista è Cosimo Alemà.
Harry
bel video, me lo ero perso, e riflessioni sempre gustose e interessanti.
RispondiEliminaLewis Stevenson? E' in onore di Jerry Lewis che ha fatto una trasposizione comica del romanzo per il cinema? Altrimenti, è Louis.
RispondiEliminagrazie sbarlafus. ho corretto.
RispondiEliminala mia memoria sbiadisce.
h.