venerdì 13 agosto 2010
Abbandoni
Dei treni non sopporto l’odore. Scendi e te lo senti ancora addosso. Ma permettono di evitare inutili code nel traffico, soprattutto in alcuni periodi dell’anno. E si sa, le code possono far emergere il peggio di noi.
Prendo spesso il treno per muovermi, quindi convivo con l’odore che si mischia al piacere della lettura, felicemente improvvisata ogni mattina. Mi avvicino alla mia libreria di casa, stracolma di fumetti e libri non letti, e scelgo. Che poi la scelta può rivelarsi inadatta oppure essere soppiantata da un imprevisto acquisto nel tragitto alla stazione. E così accade.
Mi accomodo in un vagone vuoto per il vuoto estivo con in mano un fumetto compulsivo, uno dei tanti che puoi acquistare in edicola, uno di quelli che forse si attendono più di altri. Puoi indovinare, in questo mese sono uscite diverse cose attese, tutte per le ragioni sbagliate: il nuovo Tex di Ruju, il nuovo Dylan Dog di Recchioni, il nuovo Dylan Dog Color Fest, l’ultimo numero di Jan Dix, il penultimo della miniserie di Serra, … Tutte cose in bianco e nero (anche il Color Fest, metaforicamente parlando), con tante pagine e più parole del necessario. Alcuni di questi non li leggerò proprio (Ruju su Tex?!), altri mi hanno colpito per la loro siderale distanza dalla vita, in una malinconia che arriva dove deve e che rivela una voce, quella di Ambrosini, che sa colpire in faccia (al cuore?) per quanto non sappia progettare un personaggio o una serie.
Leggo il fumetto (o lo guardo?! Cazzo me ne frega! Faccio quel che si fa con un fumetto). Escludo le distrazioni da belle gambe, da voci di amicizie di viaggio (relazioni pendolari), da facce che forse lo conosco ma non lo saluto, da cosa sta leggendo quello di fronte, e così via. Arrivo al termine della lettura che sono quasi a destinazione, un po’ annoiato e addormentato, rimpiangendo, questa volta sì, di non aver dedicato il mio tempo al secondo volume di Unknown Soldier o a Petrolio di Pasolini (ecco le mie scelte di oggi). Osservo la copertina del fumetto compulsivo che ho in mano, un tempo sapevi disegnare copertine più belle, caro disegnatore professionista, quando hai perso la passione per il tuo lavoro?
Il treno si ferma. Le mie mani sono forti, sono agili, sono sensibili. Sanno sorreggere e lasciare andare, quando serve sorreggere, quando serve lasciare andare. Le mie mani non dimenticano mai. Ed eccole lì, sul sedile di un vagone vuoto di pochi volti, le mie mani, che abbandonano senza dolori quel fumetto compulsivo. Sono fiduciose che nel vuoto estivo quel piccolo oggetto rettangolare possa lo stesso andare in mano a qualcun altro, che potrà farne l’uso che preferisce. È questo, mi chiedo, un modo per diffondere il virus del fumetto? In Giappone li abbandonano ancora i manga? O la febbre collezionistica ha preso il sopravvento, anche lì, tra le manie di accumulo del nostro millennio?
Io non lo so. Ricordo un sogno. Pasquale Ruggiero un tempo, su Vertigo Presenta, lo rivelò con l’innocenza di un amico: Vertigo Presenta come una rivista usa e getta, da abbandonare su un sedile e lasciar passare di mano in mano, compensando la perdita con un successivo acquisto in volume della serie preferita. Un romantico sogno di riciclo, un romantico sogno consumistico. Il riciclo di Vertigo Presenta e il consumismo dell’acquisto patinato del paperback. Ma Vertigo Presenta non era stampato su carta patinata?! Merda! Non ci capisco più nulla.
Scendo dal treno, scacciando i ricordi (di Ruggiero, del fumetto compulsivo), e cammino sereno, testa alta, per le strade di una città più grigia di quanto agosto desidererebbe mai. L’aria ha un buon profumo. E alla fine, mi sento anche un po’ in colpa.
Che errore, abbandonare quel fumetto. Sarebbe stato meglio farlo sparire. Servono fumetti buoni per diffondere il virus. Ma chi ha il coraggio di abbandonare sul treno un buon fumetto?
Harry
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