Grazie a questa passione, volumi come Demo, Local, Mom's Cancer, Macanudo 1, Interni 1, Don Zauker sono stati stampati, esauriti e ristampati.
Nonostante che in giro ci dicessero che le ristampe sono un'utopia.
Per quasi tutti quei volumi la prima tiratura è stata di 1000 copie, eccetto Mom's Cancer (1500) e Don Zauker (3000).
Dopo le parole di Mario Taccolini di Edizioni Arcadia, si confessa Alessio D'Uva, dell'Associazione Double Shot. Almeno tre punti sono importanti.
Per prima cosa l'assenza di scopo di lucro, che sembra porre l'associazione al di fuori delle solite logiche. Non vorrei che il lavoro volontario dei suoi membri possa rafforzare l'idea che certi lavori nell'ambito dell'editoria a fumetti non debbano essere retribuiti. Sarebbe un errore grosso.
Poi, i compensi agli autori. Di nuovo, l'associazionismo, l'assenza di lucro, ... la sola passione permettono questi trattamenti?
Infine, mi colpiscono molto i risultati di vendita dichiarati, che contrastano fortemente con quelli raggiunti da Arcadia Edizioni. Qualità delle proposte? Capacità promozionali? C'è qualcosa da imparare qui, credo.
Harry
non mi pare che i dati di vendita "contrastino fortemente" con quelli di Arcadia: Ravenstock 1 ha venduto 800 copie, Interni ha ristampato la prima tiratura di 1000 copie (e, quindi, avrà venduto qualcosa come 1300). La distanza c'è (ma non c'è con Legione Stellare o L'Insonne), ma non mi pare abissale.
RispondiEliminaDon Zauker è un caso editoriale, ma non nasce dal nulla: ho stima e rispetto per la Double Shot, ma il successo di quell'albo (che, se non ricordo male, è stato stampato a spese degli autori) è dovuto solo in parte alla casa editrice.
Gli altri casi, invece, riguardano fumetti d'importazione: beh, nel nostro piccolo, anche Loaded Bible 1 ha venduto 1500 copie (e Jonathan Steele ha superato le 1800).
Mi spiace che qui si cerchi la polemica a tutti i costi: forse sfugge che Alessio ha parlato solo degli albi DoubleShot che hanno avuto più successo. Altre produzioni hanno avuto risultati decisamente minori.
Il punto del mio primo intervento, però, era un altro: vale la pena investire sui fumetti italiani nel mercato delle fumetterie? La risposta della DoubleShot è, se non ho capito male: "sì, ma solo pagando a percentuale e, possibilmente, facendo pagare le spese di stampa agli autori". Che non è in contrasto con la mia: "pagando un tot decente a tavola, no".
Il mio errore principale è stato quello di scegliere un formato economico, sperando di raggiungere più lettori: errore di valutazione enorme. La Double ha cercato un formato più autoriale che, alla fine, è l'unico proponibile in fumetteria... con il doppio vantaggio di poter essere distribuito anche nelle librerie di varia.
mario taccolini
qui si confrontano le migliori vendite DS e le peggiori del Mario, mi sembra poco sensato.
RispondiEliminagiorgio trinchero
credimi Mario, nessuna volontà di polemizzare con te.
RispondiEliminae se ho valutato male i numeri e le informazioni dichiarate mi scuso.
solo due considerazioni:
1. su tirature di 1000 copie, una differenza di vendite di almeno 500 mi sembra rilevante e non poco (a proposito di ravenstock e interni)
2. non credo si possa sottovavulatere il tipo di prodotto venduto. un esempio. jonhatan steel è a tutti gli effetti pensato (e ha avuto una storia editoriale) da fumetto "popolare"(larga diffusione). da qui, ci si aspetta un certo riscontro di vendite che, inutile dire, supera di gran lunga per esempio le aspettative rispetto a un fumetto di ausonia. questo a prescindere da valutazioni qualitative. ecco però che si pone la questione del prodotto venduto e degli obiettivi della casa editrice. se per double shot, come mi sembra di capire, vendere 1500 copie è considerato un buon risultato, che accontenta anche l'autore in funzione dell'80% di ricavo dalle vendite, per arcadia questo non è vero.
io provo a riflettere su queste cose, perché è su questi mix che si costruiscono le "fortune" dei micro editori. no?
harry
Eh ma sai, la Double Shot paga solo il tipografo e l'autore, se si può. Tutti il resto del lavoro è svolto dai soci a titolo volontario.
RispondiEliminaLa sua "fortuna" come micro editore sta nel fatto che non è un editore.
giorgio, questo però apre un tema fondamentale.
RispondiEliminala forma "societaria" che assumi deve essere conforme agli obiettivi che ti poni e ai capitali che hai da investire.
la definizione di "micro-editore" cosa vuol dire:
pochi soldi?
poco tempo da dedocare
fumetti poco rilevanti?
fumetti troppo di nicchia?
promozione culturale?
scopo di lucro?
...
se fai produzioni a fumetti perché vuoi assecondare la tua passione e diffondere prodotti che ritieni importanti, o inziative culturali di un certo tipo, l'associazione e il volontariato sono elementi del mix.
al contrario se il tuo obiettivo è mettere in piedi un'azieda che produca utili per te e per gli autori, allora servono investimenti del tutto diversi, sia in termini di progettualità, che di tempo, che di soldi, che di autori/produzioni.
questo porta anche a una considerazione banale ma utile, a mio avviso: non tutti possono fare gli editori.
e, seconda cosa, c'è sempre più bisogno di allargare le economie di scala e le sinergie, come mostrano brillantemente lizard/rizzoli, coconino/fandango, black velvet/......
anche questi passaggi secondo me fanno parte di una crescita del settore.
no?
harry
scusa, aggiungo un ultimo pensiero, in merito.
RispondiEliminaa prescindere dagli esempi citati (double shot e arcadia) mi chiedo se ha veramente senso lottare e soffrire e investire per raggiungere un pubblco che, se va bene, è nell'ordine delle 1000 unità.
me lo chiedo seriamente.
harry
anche io me lo chiedo spesso, mi do risposte alterne, ultimamente la risposta è: no, non ne vale la pena.
RispondiElimina"anche io me lo chiedo spesso, mi do risposte alterne, ultimamente la risposta è: no, non ne vale la pena."
RispondiEliminain fondo, il "succo" del mio discorso iniziale era proprio quello.
per produrre fumetti italiani non ci si può rapportare solo al mercato delle fumetterie: io ci ho provato e posso garantire che la risposta è davvero "no".
il discorso cambia, ma solo di poco (se è vero che i volumi della BeccoGiallo vendono, di solito, dalle 500 alle 1000 copie), se alle fumetterie aggiungiamo le librerie di varia (che, però, non sono il "paradiso in terra": hanno anche loro i propri difetti... iniziando, ovviamente, dalla possibilità di rendere gli albi invenduti (che, per un editore, vuol dire investire più soldi nella tipografia senza alcuna certezza (sì, mi piacciono le parentesi nelle parentesi))).
Le Edizioni Arcadia sono nate con un progetto "forte": produrre fumetti italiani di autori affermati ed esordienti, per il mercato delle fumetterie. Ho investito più di centomila euro in tre anni, sfruttando ogni tipo di pubblicità possibile: non solo Mega e Anteprima, ovviamente, ma interviste alla radio, incontri con gli autori, albi realizzati appositamente per la distribuzione gratuita (ottomila copie omaggio, con storie inedite de L'Insonne, Maisha e Giada), mostre di tavole originali, blog, sito (non guardare quello di adesso: all'inizio il sito era davvero ben fatto... poi ho dovuto "tirare i remi in barca"), proiezioni di film di fantascienza -in collaborazione con Bergamo Scienza, una manifestazione che attira ogni anno più di 50.000 visitatori- con omaggio dei nostri albi, Free Comic Book Day, conti vendita, partecipazione massiccia alle fiere, contatti con Turchia, Francia e Usa per vendere i diritti... non dico che non sia servito, ma lo sforzo non vale il risultato.
Credo che, semplicemente, gli editori indipendenti di fumetti debbano limitarsi a tradurre fumetti stranieri. Anche perché non vedo le fumetterie come un mercato in espansione... tutt'altro.
"se per double shot, come mi sembra di capire, vendere 1500 copie è considerato un buon risultato, che accontenta anche l'autore in funzione dell'80% di ricavo dalle vendite, per arcadia questo non è vero."
no: 1500 copie andrebbero anche bene. Ma la media è molto più bassa.