domenica 10 luglio 2011

Stria e il popolare autoriale di Simeoni


Spero di uscire presto dal tunnel orrorifico in cui mi sono cacciato.
Ammetto di sviluppare solo ora la consapevolezza di quanto di quello che leggo abbia una più o meno chiara convergenza con il genere horror.
Naturalmente, per un lettore di fumetti, l’orrore più nero è quello di leggere storie mal scritte appiattite da disegni anonimi, non evocativi e totalmente derivativi. A questo proposito, oggi è più facile trovare disegni che rimasticano certo linguaggio visivo della rete (sexy-fotografico, per riassumere in un termine) e dei telefilm, che di altri fumetti. In questo, ahimé, si può leggere una grande pigrizia autoriale, e necessità editoriali spesso controproducenti.

Per fortuna, Gigi Simeoni non è posseduto né da pigrizia autoriale né mentale. Reputo Simeoni uno dei migliori autori a fumetti dell’ultima generazione (che è ormai diventata la penultima, a guardare il tempo che passa), e non tanto, o solo, per le sue indubbie capacità di narratore, ma soprattutto per la sua chiarezza. Simeoni ha infatti definito una strada narrativa netta, che da un lato potremmo dire completamente popolare, dall’altro e specularmente, colta nella perizia, nella ricerca e nella cura con cui realizza le sue opere.
Il suo talento è stato consacrato da Gli occhi e il buio, che ha appunto esplicitato a tutti questa scelta stilistica, e si conferma nell’ultimo Stria. Il formato del cosiddetto romanzo a fumetti Bonelli sembra perfetto. La graphic novel Bonelli è per certi versi un ossimoro ideologico, perché si pone in un limbo a metà strada tra la strategia seriale e la vocazione popolare tipica dell’editore milanese; e la narrativa autoriale e più propriamente personale. In questo luogo non-luogo editoriale e narrativo abbiamo visto muoversi alcuni autori che, inutile negarlo, non hanno saputo marcare alcuna differenza rispetto ad altri prodotti Bonelli più consolidati (i maxi, gli –oni, ecc.), perdendo totalmente un’occasione, e fallendo nel dare una chiara connotazione all’operazione editoriale.
L’unico che a mio avviso ha saputo dare senso a questo prodotto è proprio Simeoni, per quel suo chiaro approccio di cui ho detto.

Stria è un horrror dall’impianto talmente classico, da superare il tempo. E non è analizzandolo da questo punto di vista che è possibile definire, in senso critico, l’efficacia dell’opera. Tutt’altro.
Quello che si rivela sorprendentemente efficace, proprio come per Gli occhi e il buio, è la scelta dei ritmi narrativi, l’equilibrio del segno (mai troppo popolare, mai troppo ricercato), la cura nell’impostazione delle tavole, e la passione che si rivela nella caratterizzazione dei personaggi.
C’è molta intelligenza in Stria, mai spocchiosa, mai furba. Semplicemente Simeoni decide di utilizzare al meglio le proprie capacità, di lavorarci con costanza e di offrire un prodotto tradizionale perfettamente realizzato. È di questo tipo di lavori che si nutrono i generi.

L’horror di Stria funziona perché è evocativo, perché tocca quel piccolo luogo oscuro dentro di noi, che si alimenta nei ricordi (della nostra infanzia felice), nelle paure (di certi luoghi dell’immaginazione) e nei sensi di colpa (per i tanti, troppi errori che ci accompagnano lungo la nostra esistenza). Da questo punto di vista, il doppio finale che Simeoni offre al lettore non richiede certo risoluzioni, perché è soltanto rappresentativo dell’ambigua e inadeguata presa che abbiamo sulle nostre emozioni, sui nostri ricordi, sulla nostra vita. Ma a quei personaggi, così popolari, così schematici (iconici) ma mai banali, finisci per affezionarti, e le loro esistenze abilmente condotte dall’autore toccano reali emozioni. Di questi, la strega, presenza-assenza di tutta la narrazione, è l’emblema e il manifesto: la scelta stessa del topos narrativo infatti è una dichiarazione di intenti dell’autore, sul solco di una tradizione millenaria che non smette di essere rappresentata.
Insomma, siamo nel pieno scorrere del flusso vitale del genere horror. E dove c’è vita, si sa, c’è sempre anche morte e terrore.

Harry

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