giovedì 24 dicembre 2009

A Natale si può fare di più

(c) Altan


A Natale si è tutti più buoni.
Auguri!

Nella fila produttiva dei fumetti sta accadendo qualcosa. È come il nulla de La Storia Infinita, che lentamente ma inesorabilmente inghiotte la luce.
In Italia, i fumetti si fanno in tre modi (semplifico, banalizzo): si producono da zero all’interno di un sistema aziendale strutturato (Bonelli, Astorina, Disney, …); si producono da zero in meccanismi vicini all’autoproduzione, o pubblicando lavori realizzati nei ritagli di tempo da autori più o meno bravi, più o meno importanti; si adattano, traducono e stampano lavori realizzati all’estero (sono la maggioranza).

Nel terzo caso, pubblicare un fumetto implica un lavoro di traduzione della lingua, di adattamento grafico (lay-out di pagina, balloon, onomatopee, …), di impaginazione e di supervisione complessivo al lavoro degli specialisti (traduttori, letteristi, …).
Il prezzo finale del fumetto che stringiamo concupiscenti tra le mani deriva da tutti questi fattori, più il costo della stampa, che è legato alla tiratura e alla qualità dei supporti (carta, rilegatura, ecc.), più la distribuzione, più la pubblicità, più i costi redazionali fissi, ecc.

Lo so, ci sono un sacco di inesattezze e di eccetera in questa mia rapida descrizione.
Quello che mi preme dire è che l’indotto (si chiama così) derivante dalla pubblicazione di un singolo albo o volume a fumetti originariamente pubblicato all’estero dà lavoro a molte persone e incide in modo significativo sul costo finale del prodotto e, specularmente, sugli utili che quel prodotto garantisce alla casa editrice (quando gli utili ci sono).
Alcuni fatti recenti stanno progressivamente riducendo i soldi per pagare parte della filiera. Se i costi di stampa si possono ridurre solo parzialmente, si può però cercare di pagare meno i traduttori, i letteristi, i supervisori. Ciò vuol dire, da un lato, strozzare il collo a chi quel lavoro lo fa da anni; dall’altro, dare lavoro a forze giovani, alle prime esperienze professionali, che pur di entrare nel mercato svendono la loro professionalità nascente innescando un circolo vizioso al ribasso. Sia chiaro, non è un fatto nuovo nel mercato del lavoro. Nel mondo della grafica pubblicitaria, per esempio, avviene la stessa cosa da anni.
Il meccanismo ha almeno due conseguenze: professionisti anche affermati che si trovano a dover cambiare lavoro o integrare la propria professionalità con altri lavori e lavoretti; un crollo verticale della qualità dei prodotti.

Ci sono grosse case editrici che sono diventate celebri (famigerate) per gli errori all’interno dei propri albi: traduzioni fatte male, balloon in lingue diverse da quella italiana, errori di ortografia, impaginazioni sbagliate. Hanno tempi produttivi velocissimi (perché stampano molte, moltissime pagine al mese) e pagano pochissimo. Gioco al ribasso, prendere o lasciare.
Ci sono case editrici che cambiano di colpo service o gruppo di redazione perché troppo costoso, per lavorare con i loro assistenti, più economici e meno esperti.
Ci sono altre case editrici che vedono l’andazzo e provano ad adeguarsi tagliando i costi in modi similari in nome della concorrenza.
Ci sono altre case editrici che semplicemente non pagano, o pagano a distanza di molti mesi da quando pattuito (e solo dopo incalzanti e costanti richieste da parte di chi quei soldi li deve avere per diritto).
Qualcuno mi ha detto: è l’Italia, è così per ogni settore produttivo.
Io penso che una china come questa nell’ambito del fumetto negli ultimi anni non si sia mai vista. Anche perché si associa a una produzione quantitativamente molto elevata. In sostanza, non si sono mai prodotte e stampate così tante pagine di materiale estero come negli ultimi tre anni (comics, manga, bd). E le vendite, che io sappia, non sono in espansione.

Tutto questo meriterebbe una bella indagine. Credo che valorizzerebbe qualunque rivista di critica e giornalismo sul fumetto. Creandosi un sacco di antipatie, certo. E denunce? Non so. Ci vogliono le spalle grosse per questo tipo di lavoro? O forse soltanto pazienza e tempo e vocazione?

Harry.

10 commenti:

  1. pazienza, tempo, vocazione.
    voglia di mettersi contro qualcuno...
    ehhhh, troppe ne vuoi :)
    difficilmente vedremo un'inchiesta del genere in italia.
    purtroppo.

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  2. Chiunque sia interessato e abbia le competenze per fare un inchiesta del genere, è un addetto ai lavori, e dopo l'inchiesta non potrebbe più lavorare in Italia. Perché nessuna casa editrice risulterebbe pulita ad un analisi di questo tipo.

    Anche se si trovasse un martire, quale testata, web o cartacea, ha una rispettabilità e una riconosciuta deontologia tale da sostenere il peso di un inchiesta di questo genere? a me viene in mente solo il National Geographic.

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  3. E' esattamente il mio pensiero. Lo dicevo tempo fa sul forum di comicus, e il mio interlocutore faceva orecchie da mercante. Il fumetto italiano ha sempre più le pezze al culo, e pur di pubblicare si alzano i prezzi, si gioca su scontistiche e privilegi, ci si fa la guerra per due euro. Il tutto per supportare un mercato, quello delle fumetterie, che dopo 15 anni ancora non riesce a decollare.
    -Brendon

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  4. quindi tutta la colpa della stortura del sistema cade sulle fumetterie! e dire che... sono 10 anni che faccio questo lavoro, e non mi ero mai accorto di tutto questo sostegno!! pensavo che le collane da edicola a prezzi ridicoli (e con grande battage pubblicitario!) e i fumetti (col reso) alle libreria di varia, fossero un sostegno... invece mi accorgo ora che gli editori ed i distributori ci aiutano talmente tanto da mettere in pericolo il sistema.
    sia mai!

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  5. secondo me sottovaluti sempre il background in cui accade tutto questo
    continui a vedere il mondo del fumetto come un ambiente dove si approfitta dei lavoratori laddove è il mondo dei lavoratori quello nel quale si approfitta dei lavoratori (e non quello del fumetto)

    il gioco al ribasso (o mangi questa minestra o sei disoccupato) è la MOLLA che muove l'imprenditoria italiana TUTTA e se vuoi denunciarlo fallo pure, ma non è certo una novità

    l'ha scritto prodi recentemente: la crisi ha creato l'alibi (tanto per peggiorare le cose) per tagliare dipendenti e chiedere l'impossibile a quelli che ci sono (che, a causa, che so, del 20% di disoccupazione in campania, tanto per fare un numero, lo fanno e zitti)
    quando non c'è la cassa integrazione ad aiutare anche economicamente

    non so se serve una denuncia
    se avessi scritto, che so, planeta o panini invece di "una certa azienda" avresti dovuto fronteggiare una letterina di un avvocato che ti diceva che stavi parlando "male" del suo assistito e che, magari, pagare poco non è certo reato, quindi non è il caso di diffamare...

    serve mettere i nomi? serve, in generale, denunciare una cosa che chi lavora nel "commercio" vede ovunque?

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  6. e poi spiegami.... l'indagine a che porta?
    a scoprire che X paga pochissimo?

    e quindi?

    hai una grande distribuzione di fumetti, hai tante pubblicazioni (scadenti come traduzione, magari, e basta non comprarle allora)... se sono fatte male e pagate male a chi le realizza... dove è il reato?

    ovvero... niente di nuovo sotto il sole.
    chi paga poco e male fa un lavoro scadente

    e...?

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  7. @ davide: io non sottovaluto. constato. soprattutto una situazione nuova, all'interno del mondo del fumetto. ho detto io stesso che non è un fatto né nuovo né isolato di per sé. con queste modalità è nuovo all'interno del mercato fumetto.
    ora, possiamo dire, chissenefrega, è così ovunque. oppure qualcuno potrebbe essere interessato ad alcune informazioni. per es., quanto viene pagato oggi un letterista. per es., da dove viene il prezzo più basso di un dato volume. per es., come si costruisce un meccanismo di concorrenza che si basa sull'iperproduzione, in modo da far scomparire tutto il resto. ecc. ecc.
    sono cose per me molto significative. il fumetto è un'espressione dell'industria italiana. non per questo non andrebbe visto più da vicino, proprio sotto un aspetto di cui nessuno parla.

    @ senility: non so se esiste qualcuno pronto ad affrontare una tale inchiesta. certo è che innanzitutto si dovrebbe superare il muro del silenzio degli addetti ai lavori. come?

    @ antani e brendon: credo non vi siate intesi. credo che brendon intendesse dire che molte produzioni sopravvivono in funzione del mercato delle fumetterie. e che per riuscre a vendere poche copie di un libro si fanno anche scelte di un certo tipo. senza riuscire ad allargare il giro di potenziali lettori e le vendite. ma questa è una mia interpretazione. brendon?

    harry

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  8. allora diciamo che appena il fumetto è diventato "industria" italiana ha preso le caratteristiche dell'industria italiana

    interessante perchè dici che ora interessa il fumetto che interessa a noi...

    ma neanche tanto

    ora, appurare che planeta, per fare un nome a caso, sottopaga (rispetto ai costi precedenti) le collaborazioni.... a cosa porta?
    non faccio polemica, voglio solo capire...

    se vuoi farne una analisi economica sappi che il fatto che sia "fumetto" (quindi, in parte, artigianato e arte e "idee") non cambia certo le cose

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  9. @ Harry e antani: esatto, intendevo proprio questo. Puntavo il dito sulle case editrici e sui distributori, e in generale su tutto un sistema che non funziona (anche per colpa di tante fumetterie, ma di certo non solo per colpa loro, anzi...).
    -Brendon

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  10. @brendon: chiedo scusa, ma si capiva davvero male :)

    in generale: sarà così in tutti i settori, ma altrove se ne parla. Invece, se vediamo i siti "informativi" sul fumetto, la "notiziona" della settimana sono le uscite di 2-3 editori, al massimo qualche nuova produzione.
    insomma: perché nessuno ne parla? e... guardate bene, che si può fare anche evitando querele, eh!

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La versione a fumetti di Harry è (c) di Daniel Clowes.