lunedì 21 dicembre 2009
Dal 2009
Ci avviciniamo alla fine dell’anno.
Mi viene l’idea di proporre una sequenza di letture per ripercorrere un anno di fumetti, ma ci ripenso. Basta sfogliare il mio blog per farlo almeno parzialmente.
Ho letto parecchio quest’anno, ma sono molti, moltissimi i fumetti che attendono sugli scaffali di casa. Per cui non posso dire di avere una visione esaustiva. Forse esausta.
Forse, seguendo il consiglio di Cioran (o era Kraus, dovrei chiedere alla Bambina Filosofica?!), potrei provare a recensire un fumetto prima di averlo letto, in modo da non farmi condizionare. Potrebbe essere Pluto di Urasawa che non ho ancora avvicinato.
Nelle pagine di Pluto, Urasawa riprende magicamente le intuizioni del maestro Tezuka, che ha celebrato l’umanità androide in Astro Boy. Urosawa sa creare tensione e incollare il lettore alla pagina con un ritmo avvolgente, attraverso tavole curate al dettaglio, taglienti ed espressive. In Pluto l’uomo si rispecchia nelle proprie creature robotiche, riscoprendosi più malvagio e infernale di esse…
Bah, insomma, a parte le sciocchezze, non l’ho ancora letto, ma Pluto è necessario.
È che muoversi tra Morti di Sonno, La Signorina Else, Unknown Soldier, Echo, La Storia di Carrie in Caravan #4, Hanzo, Interno Metafisico con Biscotti, The Boys, … lascia l’impressione che il fumetto, con tutte le sue incertezze imprenditoriali ed editoriali, sia più sano che mai.
Forse la cosa più bella che ho letto però è inedita in Italia. Si chiama Asterios Polyp e ne ho parlato. E David Mazzucchelli dovrebbe essere l’esempio da seguire, sopravvissuto al fumetto mainstream e rinato autore completo e autonomo. Ma non mi fermo a lui. Perché da David mi aspettavo questo. In questo modo.
Per cui, mi limiterò a indicare il fumetto che più mi ha sorpreso, io che seguo a fatica la BD, in lingua italiana o inglese, io che mai avevo avuto il piacere di leggere Denis. Ecco, siamo arrivati. Qualche mese a l’Amelie di Jean Claude Denis è il fumetto più impressionante che ho letto quest’anno. Probabilmente per le ragioni sbagliate, ché adesso non ho voglia di spiegarmi e raccontare. Ma nelle pagine di questo libro mi sono perso, nell’inquietudine dei sentimenti. Era il periodo in cui leggevo con insofferenza Final Crisis di Morrison, e ho scoperto con gioia un altro autore, di cultura totalmente diversa, che ha affrontato il mistero della narrazione e del meta-testo senza cadere nel tranello dell’intellettualismo. Che ha saputo usare la finzione delle scatole cinesi come provocazione emotiva, contenitiva, accumulativa, riverberante.
Fidatevi, e non fidatevi di queste parole. Leggete Qualche giorno a l’Amelie e, forse, ne sarete piacevolmente sorpresi e toccati. Per il resto c’è tempo.
Harry
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