venerdì 18 settembre 2009

E se si incontrassero?


Ricordate cosa scrissi a proposito del fumetto e degli intellettuali? Probabilmente no. Potete rileggerlo qui, oppure accontentarvi di questo: la nostra attualità ha bisogno di nuovi intellettuali, e ha bisogno del fumetto come forma di “arte povera” che sappia reinterpretare la nostra realtà, fuori dai soliti “canoni” e schemi. Secondo me, le due cose potrebbero muoversi di pari passo.

Il fumetto appare e scompare dalla nostra cultura e dalla “società civile” come un fantasma. Sembra mancare di sostanza e di solidità. Striscia come un topo nel buio, all’ombra dei muri della letteratura e del cinema. Poi qualcosa accade, e del fumetto tutti parlano, per un giorno o due. Quando Disney compra Marvel, quando Batman muore, quando la Fiera del fumetto di Lucca registra uno straordinario record di affluenza. È febbre, come l’influenza. Si prende la medicina e si ritorna tranquilli, nell’ombra.

Esistono decine di fiere del fumetto ogni anno in Italia che passano inosservate, che muovono poco o nulla, e soprattutto che non fanno cultura. Poche, pochissime fanno incassi, nessuna fa cultura.

Unica eccezione, forse, BilBOlbul della benemerita Associazione Hamelin, un festival del fumetto all’interno della città di Bologna, che di Bologna valorizza spazi e luoghi e forme, che avvicina studenti universitari ad autori affermati, che presenta altri fumettisti, nuovi, giovani e straordinari. Attraverso uno sforzo organizzativo di rilievo, mostre, rinfreschi, interviste, workshop si susseguono per giorni. Ne parlano i giornali locali, ne parla qualche rivista, ma non riesce, il festival del fumetto, a superare la barriera dell’indifferenza.

Durante il festival del cinema di Venezia, o i festival della letteratura di Mantova e Torino, sono numerosi i collegamenti, i servizi, le interviste. Tutti più o meno per le ragioni sbagliate, per la star che piscia fuori dal vaso, per l’autore di best-seller che dichiara qualcosa di scomodo su Israele… Ma in quella cortina di fumo si celano anche buoni frutti, che basta osservare con attenzione e cogliere. La cultura di oggi si muove sempre sporcata dalla sovraesposizione e dalle sciocche mistificazioni. Esattamente come la scuola, come internet. È la logica della controcultura de-istituzionalizzata che si espande. Si può dire che oggi, qualunque forma di rappresentazione credibile della realtà, non guidata cioè da obiettivi di marketing, non pretestuosa, che sia di destra (esiste una cultura di destra al di là del marketing?) o di sinistra (e una cultura di sinistra che sappia guardare al futuro?), qualunque forma di rappresentazione, dicevo, deve essere scoperta, recuperata nel mare magnum della sovraesposizione, assumendo in questo modo una caratteristica essenziale della contro-cultura.

Ebbene, i festival del fumetto, le fiere, le iniziative dovrebbero rimbalzare tra i media, nelle radio, per le ragioni giuste o sbagliate, fino a imporre un’attenzione oggi inesistente. Ricordate Oreste Del Buono? Forse qualcuno della cultura altra, gli intellettuali che ancora esistono in Italia, i pochi, dovrebbe dare una mano al fumetto, entrandoci e, per reciprocità, facendolo uscire.

Ed allora, forse per superare questa cortina di ferro, per trovare una visibilità che superi il solo qualunquismo dei temporali estivi, ed assuma anche marginalmente un valore culturale, un primo passo sarebbe quello di far incontrare l’intelligenza sotterranea degli autori di fumetti con l’intelligenza manifesta degli intellettuali. I primi potrebbero trovare un modo per ri-emergere, ri-apparire, e i secondi potrebbero riscoprire la forza di un linguaggio e una forma espressiva viva, vivace e aperta, tremendamente aperta, come poche altre.



Harry

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