mercoledì 20 maggio 2009

Software


Leggo Al miglior offerente, l’ultimo numero di Julia (Bonelli Editore), sceneggiato da Berardi e Calza, e me ne appassiono, come spesso accade. Mettendo da parte tutte le logiche che ne giustificano l’esistenza e le dinamiche seriali, quello che funziona qui è la sceneggiatura. Il meccanismo narrativo non lascia nulla al caso, i tempi sono quelli giusti, il linguaggio fumettistico è evoluto ma piano, semplice. Persino i messaggi, la capacità di offrire al lettore una o più chiavi di lettura di questa attualità sono credibili e vivi, per quanto troppo democraticamente esposti. Non c’è insomma il respiro anarchico di certe storie di Ken Parker, perché Berardi è diventato grande e ha pieno controllo della tecnica. Sospetto infatti che il fuoco anarchico di Lungo Fucile fosse più dovuto all’esaltazione esplorativa dello sceneggiatore (e di Ivo Milazzo), sia sul piano tecnico che tematico, che motivato da una sensibilità di quel tipo. Cosa che, in effetti, darebbe senso alla fin troppo ordinata e gentile Julia e, al contempo, non muterebbe nulla della grandezza delle storie di Ken Parker. Malgrado questo approccio da sinistra in par condicio, da sinistra vogliamoci bene e niente riforma sul conflitto di interessi, il punto di vista di Berardi e Calza sulla vita e la nostra attualità rimane interessante e, a tratti, appassionante.

Ma ecco che, nel pieno della narrazione, quando il processo di mimesi e di identificazione con la storia è in pieno svolgimento e, ripeto, con buoni risultati, ecco che un personaggio utilizza il termine inglese software e… il meccanismo crolla come un castello di carte.
Lo sapete, il fumetto è un prodotto complicato. È un equilibrismo di simboli, laddove al segno proprio del disegno, che è rappresentazione visiva e cinetica e temporale e ... si aggiungono le parole, esse stesse forme iconiche, rappresentative, per quanto più chiaramente codificate. Gli sceneggiatori di fumetto popolare troppo spesso lo scordano e buttano parole a caso nei loro cosi a forma di fumetto, ma le parole contano. Non sono solo un’appendice al fumetto, un aggiunta ai disegni, sono esse stesse rappresentazione simbolica e visiva, sono strutturali al fumetto.
E in Al miglior offerente cosa succede? Che un personaggio utilizza il termine software, al momento giusto, col significato giusto. Non vi è nessuna sorpresa in questo, da Berardi e Calza, coppia collaudata e apprezzata, dobbiamo aspettarci tale cautela, attenzione e precisione. Berardi, tra i primi, ha portato nel fumetto popolare l’attenzione di cui sopra all’uso delle parole. Solo che Berardi, oggi che sta per terminare il primo decennio del nuovo millennio, lavora ancora in Bonelli, la casa editrice italiana popolare per antonomasia. Dove c’è una redazione attenta, che funziona (abbastanza) bene, che sa fare editing e, appunto, redazione. E che eccede in scrupolo. Accanto alla parola software, la redazione Bonelli decide di apporre un asterisco che rimanda a una nota, che spiega in modo chiaro, semplice, inutile il significato della parola software. Ma quei simboli, quell’asterisco e quella spiegazione entrano nella narrazione, la interrompono e sgretolano in un istante il processo identificativo.

Mi chiedo, chi è il lettore di riferimento di Julia? Le giovani donne? I giovani appassionati di gialli? Gli ex-lettori di Aghata Christie? I lettori di Tex? Gli ultra ottantenni? Chi sono le persone, i lettori/lettrici di Julia che non conoscono il termine software?
Un giorno, forse, Bonelli dimenticherà questa inutile e vetusta vocazione “pedagogica” e “nazional-popolare” e permetterà al fumetto e agli autori che lavorano per lei (la casa editrice) di diventare adulti.
Chissà perché mi viene in mente la strofa di una canzone:

Se mi suicido vedendomi morto mi metto paura”.

Harry.

2 commenti:

  1. sai che... leggendo quella "nota" pure io ho pensato che questo modo di fare fumetti è veramente... VECCHIO?
    ottima recensione :)

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  2. eh già.

    è la vocazione pedagogica di Bonelli.
    Proprio oggi leggevo infinite jest di wallace, che usa termini medici e molto tecnici. ha dichiarato che chi vuole capire di cosa si tratta, si deve cercare il significato in internet o altrove.

    harry

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