venerdì 25 giugno 2010

Perdiamo spazio (e tempo)



Ho parlato e continuo a parlare di spazio (e tempo).
Per un approccio opposto a quello di Robin Wood nel suo Dago settimanale (o Ristampa che dir si voglia), puoi leggere l’ultimo Texone in edicola, I Ribelli di Cuba, con soggetto di Nolitta (Sergio Bonelli), sceneggiatura di Boselli e disegni di Suarez. Soffermati su tutta la prima parte, ambientata negli Stati Uniti, e capirai chiaramente la necessità di “perdere tempo”, di “riempire spazio”. Se tu fossi un provetto sceneggiatore seriale, che devi macinare centinaia di pagine a numero, faresti lo stesso? È una forma mentis, un’esigenza legata alla prassi, ai meccanismi produttivi. Se quella stessa parte fosse stata sintetizzata maggiormente, Nolitta e Boselli avrebbero dovuto trovare una nuova idea per occupare lo stesso spazio, o allungare ulteriormente la successiva ambientata a Cuba. È un fatto di economicità, prima ancora che di equilibrio narrativo. Perché quella dilatazione iniziale non trova alcuna motivazione intrinseca all’intreccio.
Rifletti su questo, e sulle opportunità che si perdono.
Se, come dice Barbieri, Dago funziona grazie al ritmo e al rito, in questa "super" storia di Tex il ritmo è zoppo e il rito... il rito è inutile.
Mi scuserai l’eccessivo schematismo della segnalazione.

Harry.

8 commenti:

  1. Ma sai che è vero. Anch'io ogni volta che leggo un romanzo, un fumetto e vedo un film penso sempre che avrei potuto farli molto meglio, e quando noto delle lungaggini in una trama penso che sicurissimamente IO avrei trovato "una nuova idea per occupare lo stesso spazio". Che cavolo, mica avrei perso tempo, io!

    Che guaio che tipi intelligenti come noi, che sanno esattamente come si DEVE scrivere un fumetto, non avranno mai modo di dimostrare il loro talento al mondo.

    Però, anche tu potevi perdere meno tempo e risparmiare spazio riassumendo tutto il post così: "Se mia nonna avesse le ruote sarebbe una cariola. La nonna non mi piace, le cariole sì." Il senso della critica direi che c'è tutto.

    Tommaso.

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  2. sai tommaso, che, al di là dell'ironia con cui hai commentato il post (che apprezzo), poni una questione che torna sempre quando si fa critica: puoi criticare solo se sai fare. quindi,le uniche persone che potrebbero occuparsi di critica sul fumetto sono coloro che i fumetti li fanno. non solo, chi dovrebbe permettersi di fare critica, dovrebbe essere il miglior sceneggiatore (o autore) del mondo del fumetto. tutto ciò è ovviamente assurdo, quanto meno. o no?
    io credo che tutta la prima parte del texone poteva essere scritta meglio, che ci sono lungaggini inutili (per me lettore e critico) e che una delle cause (anche psicologiche, anche di mestiere, anche di abitudine) è il fatto di avere di fronte centinaia di pagine da riempire. sbaglio? è solo il mio punto di vista.
    lo schematismo di cui mi scuso deriva dal fatto che non mi soffermo con esempi espliciti tratti dal fumetto. ecco, se lo avessi fatto, forse avrei fatto un servizio migliore.

    harry

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  3. "Che guaio che tipi intelligenti come noi, che sanno esattamente come si DEVE scrivere un fumetto, non avranno mai modo di dimostrare il loro talento al mondo."

    Ma non capisco se Tommaso è serio o no... ammesso che ci sia un unico modo in cui DEVE essere scritto qualcosa (e non c'è) se lui sa qual'è perchè "non avrà mai modo di dimostrare il suo talento al mondo"?

    Se è bravo, avrà modo. Come tutti. Perchè l'Italia è una parentesi, il mondo è vasto. Ma soprattutto perchè fare quello che è sbagliato, che non funziona, se si capisce che si sta facendo, è la migliore delle lezioni.

    "Guardare e capire quello che ci piace ma soprattutto quello che non ci piace" mi disse una volta un tipo che di sceneggiatura ne capisce più di qualcosina.

    Insomma, se non c'era ironia, questo salire in cattedra mi sembra fuori luogo.

    Detto questo il post sulla dilatazione di alcune storie in alcune loro parti (o nella loro totalità a volte) è sacrosanto. Dalle mie parti si dice però: "son messe dette"...

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  4. purtroppo questa volta la scelta di "timing" di boselli mi ha lasciato perplesso anche a me...
    e i disegni, in alcuni punti eccezionali, in altri mi hanno tremendamente raffreddato

    sarà che son reduce da quel polpettone che ho scritto su patagonia ma questo volume sul nostro agente a l'avana non mi ha preso...

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  5. aspetta, posso dirlo meglio e più rapidamente:

    nun m'è piaciut

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  6. a me non è dispiaciuto per niente. anzi, se mai ho trovato un po' così la parte finale. non so se esista un modo oggettivo per valutare se la prima parte è stata una perdita di tempo. a mio avviso l'intento degli autori era in realtà quello di giustificare per bene perché tex dovesse finire a cuba.

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  7. Tex è un western.
    Un western alla Ford.
    Non ha primissimi piani, non ha dettagli stretti e ha ritmi sornioni quando e dove serve. Se ben scritto (come in questo caso).
    Certi generi non li puoi servire come altri.
    Il feuilleton non lo puoi raccontare come il western, e viceversa.

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  8. ho preso a esempio questo tex per parlare di tempi narrativi.
    credo che boselli sia uno dei migliori sceneggiatori che abbiamo. non ho dubbi.
    però, ciò non lo esenta da alcuni difetti.
    tra questi, spesso, un'eccessiva verbosità in alcune parti, e una lentezza dello svolgimento delle storie che spesso ritorna. ma siccome penso che, un professionista come lui che ha pieno controllo della materia, non compie "errori" per sufficienza o poca attenzione, sono convinto che queste che trovo "soggettivamente" lungaggini derivino in buona parte dal formato.
    ci sono storie in tre parti della serie regolare che soffrono molto di questo aspetto. una maggiore sintesi avrebbe bilanciato meglio la storia.
    o come dice recchioni è una necessità di genere?
    sul genere penso due cose: che il genere funziona quando i limiti che pone vengono affrontati in modo originale; che vedere per 60 anni la stessa variazione di un film di ford annoierebbe lo stesso ford.
    senza dire del fatto che il tex di bonelli e galep era molto più dinamico e a tratti "precipitoso", e funzionava a meraviglia.

    harry

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