copertina di marco soldi
Mentre accetto l’idea di non avere un’idea chiara in merito alla presunta staticità, vetustà e sterilità del fumetto Bonelli, alla possibilità o meno di innovare senza destrutturare regole, principi e limiti prestabiliti del fumetto popolare italiano per antonomasia, mi capita tra le mani l’ultimo numero di Julia di Giancarlo Berardi, con il ritorno, l’ennesimo, dell’alter ego Myrna.
Al solito, i pennelli sono nelle mani della straordinaria Laura Zuccheri (con la quale mi piacerebbe un giorno chiacchierare).
Si sa, Berardi ha creato il fumetto seriale perfetto. Si sa, Berardi chiede ai suoi disegnatori di nascondersi nell’ombra, alla ricerca di una compattezza stilistica che a volte tocca l’anonimato o lo schematismo.
Ma non con Zuccheri. Perché Laura ha fatto proprio il modello tanto da incarnarlo.
E la sua Julia, nella semplicità del tratto, in questo presunto anonimato anti-autoriale, diviene puro simbolo visivo, dalla forte valenza iconica.
A un certo punto, durante la lettura, l’abitudine alla vivisezione mi aveva già messo in mano matita, foglietti e appunti mentali per individuare parti significative, passaggi della storia dove il punto che voglio evidenziare emergesse con più forza.
Ma lascio perdere. Cattive abitudini.
Qui siamo di fronte alla pura innovazione all’interno dello schema compositivo più tradizionale. Non una sbavatura nella griglia, non un’infrazione delle regole del genere, non un’interpretazione tangenziale della vocazione avventurosa del fumetto Bonelli.
Ma all’interno di questo spazio costretto, a Berardi e Maurizio Mantero riesce l’insperato, ovvero di raccontare una storia matura, senza mediazioni e, questa volta, anche senza asterischi, arrivando al cuore dei lettori attraverso il cuore dei personaggi. Assistiamo a uno stupro in piena regola e, quel che più conta, a una sequenza di azioni e reazioni psicologicamente impeccabili, dove gli autori scompaiono al pieno servizio della finzione narrativa, e con la cura umanissima per la verosimiglianza. È all’interno di questo meccanismo espressivo, e all’incedere sicuro e perfettamente studiato, che la tecnica si fa invisibile affermando la forza della storia, nella sua auto-evidenza.
E per questo risultato, il contributo di Zuccheri è fondamentale, lo ripeto. Perché è nella sua “trasparenza autoriale” che si marca la forza delle sue autentiche qualità narrative.
Berardi e compagnia fanno quello che Medda con Caravan non sa fare, ovvero traghetta all’interno di un format(o) rigido l’apertura pienamente matura, adulta, priva di compromessi di un fumetto nuovo, di un modello narrativo nuovo. Che ha così tante derivazioni e matrici da apparire completamente inedito e, appunto, innovativo.
Quindi è possibile.
Ma l’eccezione non conferma la regola.
Fossi in te, caro lettore di questo blog, proverei a osservare i movimenti e rivoli che spostano con estremo controllo la narrazione all’interno di Julia, fino a raggiungere la naturalezza della violenza barbara che soffoca la nostra quotidianità, fino a rivelare l’estrema dolcezza e fragilità di questa vita.
Non c’è altro. Non c’è nulla di meno di questo.
Harry.
ma se julia, ken parker, dylan (per certi versi), caravan, anche greystorm, napoleone (sicuramente), jan dix, magico vento (sicuramente) sono eccezioni... non sono forse un po' troppe?
RispondiEliminanon andiamo nel passato.
RispondiEliminastiamo all'oggi.
oggi, l'unica eccezione è julia.
che innova. e ha un ottimo riscontro di vendite.
innova.
greystorm cosa innova?
harry
Acquistato e letto perché ne parlavi qui. Bello! Straniante il disegno: sfogliato in edicola non dice niente (parere personale), leggendo la storia scopri che non poteva essere illustrato in altro modo e che tutto funziona alla perfezione. Forse un po' affrettato il finale, ma ce ne fossero di fumetti così!
RispondiEliminaThanks per il consiglio,
baci,
c.
@ claudio: cogli proprio il punto sul lavoro di zuccheri. sembra anonima, ma poi la leggi e non può essere meglio di così. secondo me è una stupenda narratrice. e non è un caso che berardi abbia scelto lei per le vicende di myrna.
RispondiEliminatra l'altro, non l'ho scritto sopra, ma hai notato come la storia inizia riprendendo il filo della storia precedente (che probabilmente non hai letto, ma va letta!) senza dare spiegazioni, senza preamboli, e dopo ben 8 mesi dalla precedente. questo è innovare, è chiedere al lettore, senza pretese eccessive. è intelligenza.
harry
Innovare all'interno di un sistema chiuso qual'è la serialità deve essere faticoso ma stimolante e al di là delle necessità editoriali credo sia la volontà individuale degli autori a fare la differenza. Quel potenziale innovativo che nel fumetto autoriale a volte si infrange in un'autoreferenziale ricerca fine a se stessa, all'interno dei paletti degli stilemi del fumetto popolare può svilupparsi con una forza a mio parere dirompente e assumere effetti in qualche modo ancor più "eversivi", proprio perchè all'interno di un sistema apparentemente ingessato.
RispondiEliminaDi esempi, rari ma non troppo, ve ne sono anche al di fuori di Bonelli. In ambito umoristico, Rat-Man, innanzitutto (l'innovazione che si fa sistema, ma che sa rinnovarsi al suo interno). Tralasciando Topolino e il Giornalino, un personaggio come Cattivik in passato ha mostrato interessanti esempi di innovazione sia stilistica che contenutistica, a torto spesso liquidate come puri divertissement, incursioni nella satira, nel surrealismo e sperimentazioni narrative di non poco pregio. Cito Bonfatti come autore, ma ce ne sarebbero altri. Anche su Lupo Alberto si è assistito ultimamente a interessanti innovazioni stilistiche e tematiche, dovute principalmente al duo Cannucciari-Lusso. La più recente "Ballata" è una graphic novel autonoma con una narrazione testuale e grafica che evolve gli schemi tradizionali pur rimanendo all'interno dell'universo di riferimento. Ci sarebbero altri esempi che credo possano far parte del tema del tuo post. Insomma, non è certo una regola, ma per fortuna le rarità non sono così poche.
@ koan: a proposito di rat-man dici "l'innovazione che si fa sistema, ma che sa rinnovarsi al suo interno". e non mi è chiaro cosa intendi.
RispondiEliminaal di là di storie singole apprezzabilissime, mi sembra che ortolani giri da troppo tempo su se stesso.
in ogni caso, collocare rat-man è un'impresa molto complessa. e stimolante.
harry
collegandomi a koan: io non vedo l'ora che ortolani finisca il ciclo di ratman (che ho amato tantissimo, e con cui sono cresciuto) per vedere cosa farà dopo, secondo me può andare ancora oltre.
RispondiEliminaRiguardo a Rat-man, non mi sono spiegato bene. In realtà pensavo più a Ortolani che al personaggio, e alle sue incursioni in altre situazioni, come 299. Anche a me pare un po' avvitato, ultimamente, ma credo sia inevitabile essendone l'unico autore. Trovo interessanti invece le "intromissioni" di altri autori, che tanto in tanto appaiono sulla rivista, come tempo fa il lungo monologo-autodafe Bonfattiano. Credo sia questo ciò che può contribuire a r-innovarlo. Ma Harry dice bene, Rat-man è difficilmente collocabile.
RispondiEliminaRiguardo agli altri esempi, mi è capitato in mano solo ieri una vecchia storia di Cattivik "Il Grande Simpatico" riguardo la quale mi piacerebbe sapere, chi l'avesse letta, se condivide la mia opinone espressa nel post precedente.