martedì 6 ottobre 2009

Oggi rifletto sul formalismo - parte 4 di 5

jimmy corrigan (c) chris ware



Qui la prima parte.
Qui la seconda parte.
Qui la terza parte.
Ora la quarta parte.

A questo punto, giunto alla quarta puntata, apro una breve parentesi che chiamerei: l’impossibilità di una critica oggettiva.
La vocazione all’oggettività scientifica è un richiamo fortissimo per noi occidentali. Deriva da un lato dall’ansia per il controllo della materia di studio, dall’altro dalla volontà di comunicare a tutti in modo chiaro e univoco. E ancora, forse, dal desiderio dell’ego di voler convincere tutti delle proprie affermazioni.
In ogni caso, ci sbagliamo.
Per le ragioni esposte nel precedente capitolo, a cui rimando, il fumetto in particolare è un oggetto di studio e di analisi molto stratificato, complesso nei suoi numerosi collegamenti (sensoriali e logici), al punto da essere, come strumento espressivo, un perfetto esempio di semplificazione delle complessità. Ci vedo l’impossibilità di un giudizio unico, ma anche di un approccio unico.

In un’analisi critica di un fumetto, quindi, è inutile perseguire l’oggettività di pensiero (già di per sé un paradosso in termini). È più importante ricercare la chiarezza e l’argomentazione. È importante comunicare al lettore (più o meno esplicitamente) le regole, che sono le chiavi di lettura, e l’approccio che si intende utilizzare.
Un esempio. Avendo toccato il tema del formalismo, ho accennato ai lavori di Chris Ware come esempio massimo di questa modalità espressiva nel fumetto. Su questo piano, la sua graphic novel Jimmy Corrigan è un’opera perfettamente riuscita, molto più che il già citato Figlio di un preservativo bucato di Howard Cruse. Ma se spostiamo il punto di vista e il focus dell’analisi, per esempio sull’efficacia nella rappresentazione di un periodo storico specifico, Figlio di un preservativo bucato ha pochi eguali. L’errore che si compie spesso nelle analisi critiche meno consapevoli, è quello di esprimere un giudizio di merito su un lavoro senza chiarire da quale punto di vista lo si sta osservando, con quali strumenti di analisi e secondo quali criteri.

E il gusto personale?
Il gusto personale è importante, perché l’azione di critica non può e non deve essere un esercizio freddo e sterile. Tuttavia, esso deve essere filtrato e, ancora una volta, espresso chiaramente. Concordo quindi con chi sostiene che l’esercizio critico è un processo in divenire, sia per le continue sollecitazione e relazioni che il contesto esterno muove rispetto all’interpretazione di un’opera, sia per la crescita (di sensibilità, culturale, interpretativa) alla quale ogni critico serio si apre giorno dopo giorno.
Alcuni fisici contemporanei, a proposito della possibilità di conoscere il mondo che ci circonda (di cui, lo ricordo ai più distratti, il fumetto fa parte), sostengono che quello che osserviamo è come una sommatoria armonica delle percezioni di tutti i presenti. Non osserviamo il mondo, ma la sintesi dei mondi percepiti da tutti i presenti. Non solo, dentro ai mondi di tutti i presenti ci sono infiniti mondi, infinite possibilità di esistere.
Al di là del valore metafisico, trovo che questo concetto sia decisamente adatto a quello strano mondo che è il fumetto. La soggettività e la variabilità delle interpretazioni di questo medium è altissima, perché il lettore ha ampio spazio di agire a diversi livelli: nel dare significato e aggregare i segni tra loro, nel congiungere le rappresentazioni simboliche dei testi scritti con quelli del disegno, nel riempire di contenuto (emozioni, azioni, pensieri, …) lo spazio tra una vignetta e l’altra, nel collegare svariati riferimenti culturali allo stile personale dell’autore, ecc. Riuscite a sentire quanto margine di possibilità soggettiva c’è in ognuno di questi passaggi?
Poco importa se, poi, la maggior parte delle proposte a fumetti boicottano alcune di queste possibilità attraverso la piatta ripetizione automatica.
La cosa straordinaria, forse, è la capacità dei fumetti più riusciti di mantenere ed esaltare questo spazio di immaginazione personale e al contempo di raccontare chiaramente una storia precisa, definita e condivisibile tra molti.

Nella prossima e ultima puntata, arrivo a Taniguchi.


Harry
(continua)


(c) jiro taniguchi

1 commento:



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