Questa volta sarò breve.
C'è un autore francese che ha rivoluzionato il modo di concepire il fumetto. Questo signore si chiama Lewis Trondheim. Protagonista di lavori molteplici e multiformi, ultimamente sono rimasto colpito e affascinato da "Little Nothings", ovvero le sue pagine di diario autobiografico a fumetti. Una pratica ben conosciuta e, si potrebbe dire, piuttosto di moda negli ultimi anni. Penso a Nanni con il suo Cronachette in Italia, all'osannato (eccessivamente) Kochalka e all' ugly Jeffrey Brown negli Stati Uniti. Ma ne tralascio sicuramente molti altri.
Lewis ha qualcosa in più. Nella sua esplorazione di vita, infatti, esplora con semplicità e senza forzare anche le potenzialità del fumetto.
Troppo spesso quando pensiamo al fumetto abbiamo in mente precise caratteristiche ricorrenti. Ma il fumetto non è un genere, bensì un mezzo di comunicazione con potenzialità solo in parte esplorate. Lewis si racconta e ci racconta il fumetto. Senza razionalizzare, senza meta-comunicazione, semplicemente dando vita alle sue semplici, meravigliose tavole.
Dio solo sa quanto abbiamo bisogno di autori così. Ma sono rari, perché il contesto editoriale non favorisce queste forme, e perchè la genialità è merce unica.
Ti mando un paio di tavole di esempio, stranamente entrambe incentrate sui gatti di Lewis. Che Nanni abbia visto giusto con il suo ottimo Cronachette? I gatti sono spiriti della creatività?!
A proposito, prima di salutarti, poiché non ho avuto il tempo di scansire quella tavola, ti racconto una battuta che mi ha colpito profondamente.
Lewis e la moglie decidono di prendere due micetti per i loro due figli da un amico. Li chiamano con i nomi di due aeroporti parigini perché questo è quello che avevano stabilito anni addietro nell'eventualità di avere dei mici. A fine tavola, Lewis pensa, due micetti. Bene, così se uno dovesse morire ci sarebbe comunque l'altro.
Come per i miei due figli.
C'è un autore francese che ha rivoluzionato il modo di concepire il fumetto. Questo signore si chiama Lewis Trondheim. Protagonista di lavori molteplici e multiformi, ultimamente sono rimasto colpito e affascinato da "Little Nothings", ovvero le sue pagine di diario autobiografico a fumetti. Una pratica ben conosciuta e, si potrebbe dire, piuttosto di moda negli ultimi anni. Penso a Nanni con il suo Cronachette in Italia, all'osannato (eccessivamente) Kochalka e all' ugly Jeffrey Brown negli Stati Uniti. Ma ne tralascio sicuramente molti altri.
Lewis ha qualcosa in più. Nella sua esplorazione di vita, infatti, esplora con semplicità e senza forzare anche le potenzialità del fumetto.
Troppo spesso quando pensiamo al fumetto abbiamo in mente precise caratteristiche ricorrenti. Ma il fumetto non è un genere, bensì un mezzo di comunicazione con potenzialità solo in parte esplorate. Lewis si racconta e ci racconta il fumetto. Senza razionalizzare, senza meta-comunicazione, semplicemente dando vita alle sue semplici, meravigliose tavole.
Dio solo sa quanto abbiamo bisogno di autori così. Ma sono rari, perché il contesto editoriale non favorisce queste forme, e perchè la genialità è merce unica.
Ti mando un paio di tavole di esempio, stranamente entrambe incentrate sui gatti di Lewis. Che Nanni abbia visto giusto con il suo ottimo Cronachette? I gatti sono spiriti della creatività?!
A proposito, prima di salutarti, poiché non ho avuto il tempo di scansire quella tavola, ti racconto una battuta che mi ha colpito profondamente.
Lewis e la moglie decidono di prendere due micetti per i loro due figli da un amico. Li chiamano con i nomi di due aeroporti parigini perché questo è quello che avevano stabilito anni addietro nell'eventualità di avere dei mici. A fine tavola, Lewis pensa, due micetti. Bene, così se uno dovesse morire ci sarebbe comunque l'altro.
Come per i miei due figli.
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