giovedì 1 ottobre 2009

Oggi rifletto sul formalismo - parte 1 di 5



Il disegno, come più volte detto, è innanzitutto un insieme di simboli, e prima ancora un insieme di linee/macchie/derivati (ed eventualmente colori), e vive di un equilibrio formale più o meno evidente e consapevole.

In alcuni autori esiste un’attenzione maniacale alla tavola nel suo complesso, vista come insieme gestaltico e percettivo dove le singole vignette, i baloon, le figure, ogni elemento è posizionato e costruito in funzione degli altri. Maestro recente di questo approccio è senza dubbio lo statunitense Chris Ware (inedito in Italia, perché… ma questa è un’altra storia), che esaspera il formalismo al punto che diventa esso stesso, nelle sue implicazioni, elemento narrativo di una storia.
Ware agisce sulla percezione e la consapevolezza del lettore a talmente tanti livelli assieme, che diventa impossibile separare forma e contenuto, così come la narrazione dalla meta-narrazione. Nel momento in cui l’autore racconta una storia, costringe il lettore a riflettere su come quella stessa storia è raccontata. Non è un futile tecnicismo. Ware credo insegua almeno due obiettivi: 1) concepire ogni tavola come un’opera artistica conchiusa e armonica, pur in relazione con quelle che seguono e precedono; 2) sottolineare il relativismo e l’incertezza di relazioni tra le parti e il tutto nella realtà che ci circonda, con un forte “psicologismo” del rapporto tra oggetto (qualunque sia) e soggetto.

Un esempio più sfumato di formalismo, ci arriva dal recentissimo Asterios Polyp di David Mazzucchelli. Il celebre disegnatore di Batman, Year One (su testi di Frank Miller) aveva già realizzato Città di Vetro, con il fondamentale contributo di Paul Karasik (altro formalista convinto), con un procedimento spiccatamente meta-narrativo, dove le “indagini linguistiche” proprie del testo di origine (nel racconto di Paul Auster) si riflettono nei mutevoli frammenti che Mazzucchelli dissemina nelle tavole.

Il simbolo, in questi percorsi espressivi, diviene “personaggio”: ogni rappresentazione visiva si arricchisce di nuovi e molteplici significati potenziali nel momento stesso in cui i legami referenziali si indeboliscono e relativizzano.
Asterios Polyp, come già accennato, rinnova questa sfida, in modo più sfocato e meno stringente. Il formalismo che governa la costruzione della tavola e l’equilibrio dell’intero volume è totalmente al servizio della narrazione e comunica l’incertezza psicologica ed esistenziale del protagonista, che ripercorre la propria vita mettendo in discussione tutte le proprie certezze e convinzioni.
Ma sono molte, moltissime le opere caratterizzate da un approccio che potremmo ricondurre al formalismo. Andando indietro nel tempo, tra i pionieri della nona arte che hanno sviluppato questa esplorazione va annoverato senza dubbio Winsor McKay. Le arti visive, le sollecitazioni grafiche della pubblicità e del design, unite a mutevoli sollecitazioni derivanti dalla letteratura hanno nel tempo dato vita a una ricerca che non sembra fermarsi.
In Italia, il lavoro ironico e poetico di Giacomo Nanni con il suo Cronachette si colloca a metà strada tra un formalismo minuto e un minimalismo formale, ricco di sollecitazioni e capace di aprire nuove, interessanti prospettive.

L’attenzione alla composizione, alla forma e ai suoi elementi, insieme allo spiccato psicologismo del simbolo e alla relativizzazione dei significati, de-contestualizzati e re-interpretati, è una tendenza che si caratterizza come anti-popolare o, di riflesso, tipicamente autoriale. Tale implicazione sembra quindi staccarsi necessariamente dal fumetto seriale, che in effetti raramente utilizza approcci riconducibili in qualche modo al formalismo (ad eccezione, forse, di alcuni spunti nei lavori di Bacilieri).
Uno dei motivi di interesse per la critica per questo tipo di riflessioni nel fumetto sta nel fatto che sollecita un approccio del lettore più consapevole, sia rispetto alle molteplici forme che esso può assumere, che, di conseguenza, alle potenzialità che possiede come mezzo espressivo.


Harry
(continua)


(c) chris ware


(c) winsor mckay

1 commento:



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