lunedì 7 settembre 2009

Cronache del dopo Bonvi




Non è strano apprendere che è assai incerta l’attribuzione di un importante riconoscimento francese per l’opera di Bonvi. Le notizie in rete si diffondono a prescindere dalla loro verità. E per un autore come Bonvi un errore del genere appare quasi in sintonia con il suo personaggio. Questo probabile sbaglio tuttavia non è in contrapposizione con la necessità, ovvero che Bonvi quel premio e molti altri li avrebbe meritati.
A me, l’autore emiliano scomparso quasi quindici anni fa in un tragico incidente stradale è sempre apparso come un oggetto sconosciuto del mondo del fumetto. Per anni ho compiuto l’errore di confondere il suo “basso profilo” e la sua malinconica ironia per semplicità e superficialità. L’ho talmente identificato con alcune facili trovate satiriche dei suoi personaggi da dimenticare il resto, ovvero il corpus di un’opera ben più ampia e strutturata. In una visione riduzionistica e ingenua, per l’Italia, Bonvi è il fumetto, ma un fumetto poco importante, solo divertente. Solo?

Naturalmente, negli anni, sono tornato a Bonvi più volte, osservando con più attenzione quel suo tratto, di nuovo, apparentemente semplice e poco curato, ma in realtà strutturalmente denso, frutto di un lavoro di ricerca e di attenzione che molti altri autori non conoscono. Ho superato la necessità di confrontarlo con il mare magnum di strisce statunitensi, per conoscerlo come oggetto unico, perfettamente autoctono e identificato, e italiano.


L’ultimo ritorno a Bonvi è avvenuto qualche settimana fa, in occasione della presentazione in volume di una nuova selezione (quasi completa e colorata per l'occasione) del suo capolavoro Cronache del Dopobomba, all’interno della collana I Maestri del Fumetto (Mondadori).
Cronache del Dopobomba è l’esemplificazione dell’approccio dell’autore al fumetto e al “racconto”. In quest’opera che non è altro che un cinicamente ironico esorcismo della morte, Bonvi costruisce numerose variazioni sullo stesso tema, utilizzando spesso le tecniche del ribaltamento di prospettiva finale e la ricorsività. Non sfugga che il ciclo vita-morte è per sua natura ricorsivo, non sfugga che il rapporto tra essere e non essere è necessariamente terrificante e al contempo gioioso, quindi contraddittorio. Non sfugga inoltre che, secondo una certa cultura italiana pratica ma non utilitaristica che l’autore conosce bene e più volte ha saputo raccontare, la vita va vissuta come si può, meglio che si può, cercando di faticare il meno possibile, dimenticando la sua più evidente conseguenza, ovvero la morte, appunto.
Di tutto questo, Bonvi racconta in Cronache del Dopobomba, dimostrando un’intelligenza narrativa e visiva da vero maestro. E non sorprende constatare che, Silver compreso, la sua eredità non è stata mai davvero raccolta da altri autori finora.


Per entrare brevemente in tema, ricordo che le cronache del titolo raccontano di una terra sopravvissuta all’olocausto nucleare. In quel mondo di stenti, di mostri e uomini irriconoscibili, l’identità scompare, la necessità diventa realmente virtù, salvo capovolgersi e richiudersi come un serpente che si morde velenosamente la coda. In un mondo dominato dalla diversità, l’essere umano non ancora mutato, dalla carnagione rosea e pallida, o diventa oggetto di razzismo (se maschio) o diventa ammaliante sirena portatrice di morte (se femmina). Le rappresentazioni messe in scena dall’autore sono talmente crude, dirette e spietate da generare un sorriso colpevole nel lettore. Perché come ogni opera riuscita, la sua funzione non si esaurisce nel chiudersi del racconto, ma si muove nella coscienza, di appiccica alla nostra idea di vita e di identità, smascherando la perversione cinica della nostra società. Cronache del Dopobomba coniuga quindi come minimo una doppia funzione, quella della boutade ironica e divertente, con quella di monito per la nostra piccolezza. Bonvi vuole ricordarci senza alcuna pedanteria che scherzare sulla vita e la morte è lecito, anzi, necessario, e che dimenticare la semplicità dei meccanismi umani (e di natura) porta più volte che non a perdersi e a soffrire terribilmente.
Troppo per un semplice fumetto umoristico di un semplice disegnatore di strisce?
La mia personale riscoperta di Bonvi non si ferma qui.

Harry.

3 commenti:

  1. E' davvero troppo facile per un autore di discreto talento produrre un certo numero di pagine imbevute di buon senso sui cosiddetti grandi temi della vita: vita, morte e tutto quanto è possibile immaginare sia stipato nel mezzo.
    Ne abbiamo lette di pagine simili e ne leggeremo ancora: il cecchino di una guerra lontana che aspetta alla finestra di poter colpire un ultimo bersaglio in un vecchio albo del Soldato Fantasma della Editoriale Corno, il quarterback che salva la vita della sua bimba, correndo i 100 metri della morte in un vecchio Uomo Ragno della Corno, i soldaten che impacchettano un carro armato e lo regalano al loro sergente mascellone che si chiede cosa possa esserci sotto la carta ed i fiocchi,
    in un vecchio Eureka Pocket delle Sturmtruppen della Editoriale Corno. Le questrioni sono tante, tanti i corni contro cui scornarci - di conseguenza è piuttosto semplice lanciarsi nella mischia ed illuminare la scena con la luce del nostro punto di vista.
    La grandezza di Bonvi, a nostro modesto e sindacabile giudizio, è da ricercare altrove:
    1) la overdose di retini, mesmerizzante come le spots di kirby, ma casereccia come una michetta quando ancora il pane scrocchiava sotto le dita e si doveva mangiare caldo perchè freddo era gommoso come la creatura del signor Cole
    2) L'incipit delle avventure di Nick Carter - se Schultz ha potuto costruire un impero anche grazie a '' ...era una notte buia e tempestosa '' del suo bracchetto co-autore, quanto è più importante per la comprensione delle leggi del multiverso l'immortale
    '' mentre su New York calano le prime ombre della sera ....''. Se le avventure dei tre detectives non fossero cristallizzate in un loop, saremmo dalle parti del post-moderno del primo Igort e del Tondelli talent scout: la lezione secondo cui nulla è realmente nuovo sotto il sole e solo nella commistione di stilemi, tempi, mode e modi diversi è possibile creare un succedaneo di novità. L'estetica di Blade Runner e dei primi video dei Duran Duran. Grace Jones vestita da Haring.
    Bonvi però ha ben altro in testa - la struttura a la Spirit con splash page introduttiva e sette tavole di vicenda sempre uguale a se stessa rassicura in un primo momento per poi portarci nel quartiere di Repetition di Bowie/Eno.Ed alla fine ci troviamo trafitti dal suo pennino intinto nel Lambrusco di Sorbara
    ( LDS, potente allucinogeno come scrisse il De Maria ) ed è subito sera. E relative ombre.
    3) E' stato tanto generoso da regalare il suo bimbo di carta al suo discepolo, perchè Cattivik potesse crescere lontano da casa e vivere onderod, come direbbe ed ha detto il genio del male, e barcamenarsi tra cose ben fatte, Bonfatti, serrande abbassate, cartoni animati da buone intenzioni, ma poco altro.
    4) Con Marzolino Tarantola ravviva iul fuoco del ricordo del Saturnino Farandola di RAIUNO, tv dei tagazzi, interpretato da un giovane Mariano Rigillo che salvava improbabili principesse da roghi di cartapesta, mentre rullavano timidi tamburi da preserale.

    Invidiamo chi si accinge a riscoprire il Bonvicini ora - noi che tutto conosciamo daremmo la nostra copia delle ''Cronache dello spazio profondo '' per il privilegio di poter perderci, vergini, nelle tavole di quegli omini eternamente curvi, con le mani che puntano invariabilmente a sud, raggomitolati come a difendere uno scherzo che solo loro possono apprezzare.
    ...e l'ultimo chiuda la porta !

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  2. wow, ottimo, delirante intervento!
    probabile che torni anche su nick carter.

    harry

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  3. A quanto pare mi sono perso un volume di cui attendevo la ristampa da anni... girerò le edicole sperando di riuscire a trovarne ancora una copia...

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