“Ironically, I can’t go to my local comic shop to celebrate the 70th anniversary of Martin Goodman’s comic book company because Marvel policies from the 1990s closed down my local comic shop.”
Tom Spurgeon
"Ironicamente, non possono andare nella mia fumetteria per celebrare il settantesimo anniversario della casa editrice di Martin Goodman perché la politica della Marvel degli anni '90 ha portato alla chiusura della mia fumetteria"
Poco tempo fa, la Marvel Comics non era ancora proprietà della Disney. Non ci crederete, ma è così.
Pochi mesi prima della grande acquisizione, la Casa delle Idee ha festeggiato i suoi 70 anni di attività con iniziative speciali realizzate in molte fumetterie statunitensi, ma non quella a cui il buon Tom Spurgeon era abituato ad andare. Sfortunatamente, la bolla speculativa che ha investito i rivenditori negli anni ‘90 ha mietuto moltissime vittime. Si trattò della seconda, tremenda speculazione nel mondo del fumetto, la più eclatante, quella che ha ridotto di molto più di un decimo le vendite di fumetti, (ma erano cifre gonfiate dalla speculazione che non corrispondevano in alcun modo al numero reale di lettori) quella che ha regalato a Diamonds nel giro di pochi hanni l’esclusiva (o quasi) della distribuzione, quella che ha portato la Marvel alla quasi bancarotta, quella che ha costretto la stessa Marvel a ritornare a pubblicare fumetti di qualità (almeno per un periodo) e a razionalizzare le uscite (almeno per un periodo).
Oggi la Marvel Comics, proprietà Disney, continua ad annacquare e saturare il mercato, mettendo costantemente in difficoltà i rivenditori. Per cui, sì, è importante festeggiare e festeggiare seriamente, perché malgrado tutto ci sono negozianti che riescono a lavorare e bene, perché ci sono nuovi autori e nuove possibilità che continuamente si aprono in un mercato che, superata o meno la crisi, ha trovato nuovi sbocchi editoriali e produttivi, grazie soprattutto all’esplosione della vendita dei tradepaperback, all’evoluzione del concetto di graphic novel (e di art comics) e allo sviluppo di un nutritissimo gruppo di ristampe cronologiche delle strisce. Un mercato che non se la passa poi così male, grazie (anche) alla Marvel, malgrado la Marvel.
Ammetto di leggere ancora qualche fumetto della Casa delle Idee, ma mi ritrovo sempre più stanco e disinteressato. In Italia, la pubblicazione in corso di Secret Invasion mi sta lasciando del tutto indifferente. La trama portante è noiosa e pedante, Bendis sembra la caricatura di sé stesso e lo svolgimento del concept (interessante) risulta poco digeribile (almeno quanto la Final Crisis di Morrison), pur per ragioni diversissime). Nel frattempo, tramite la pubblicazione nella collana Super-eroi (Gazzetta dello Sport), mi è capitato di recuperare, ahimé, l’ultimo cross-over mutante Messiah Complex che, malgrado i buoni nomi coinvolti, non raggiunge neppure la sufficienza. Tanto rumore per nulla, mi verrebbe da dire. Il messia in fuga con Cable, tutti gli altri (buoni e cattivi) in fibrillazione, per l’ennesima trama che non si conclude e che chissà quando e se avrà un’evoluzione. I soliti X-Men, cancellata la buona gestione Morrison, che mutano ma non evolvono mai.
Le celebrazioni, si sa, sono sempre occasione di bilanci, e lo fa anche Jeet Heer a proposito del trecentesimo numero di The Comics Journal, la rivista di critica sul fumetto più longeva e importante degli Stati Uniti (consiglio di leggere il suo articolo per intero). Per chi lo ricorda, la rivista fondata e precedentemente diretta da Gary Groth (oggi editore di Fantagraphics) era una vera e propria sfida al fumetto popolare e di genere. In anni passati, quando il mondo del fumetto indipendente come lo conosciamo oggi era solo una chimera dei più ottimisti, Groth e il suo gruppo lanciò una vera e propria crociata contro il fumetto mainstream e, come ricorda Heer nel suo articolo, tutti gli addetti ai lavori non potevano prescindere dal leggere il Comics Journal, che condividessero o meno quelle posizioni. Oggi che quella dicotomia e quella frattura sembrano in buona parte superate, il Journal cerca una nuova identità. A mio avviso, resta ancora una rivista interessante, piena di spunti e di buoni articoli, fin troppo densa per la cadenza (quasi) mensile, ma capace di offrire spesso opportunità di riflessione. Non c’è dubbio tuttavia che il suo impatto culturale caustico è nel tempo andato scemando.
Nei prossimi numeri, mi aspetterei, quanto meno, un approfondimento cinico e disinvolto che faccia il punto, il suo punto, a la Groth, sui 70 anni della Marvel Comics, alla luce della sua attuale politica editoriale e della recente acquisizione da parte della Disney (ricordate, prima di poco tempo fa, Disney non possedeva Marvel Comics, non ci credete?!).
Ho fiducia.
Harry.
Be, Harry, cosa ti devo dire? Condivido in pieno il tuo giudizio sulla qualità delle serie Marvel degli ultimi anni. Ormai il target della Casa delle Idee è chiaro: rivolgersi ad un pubblico di giovanissimi, magari non proprio intelligenti e, se possibile, anche ignoranti. Offrendo trame piatte, semplicistiche, prive di enfasi, di spunti di approfondimento, ecc. Il tipico prodotto per lettori ignoranti, che hanno poca voglia di leggere, totalmente insofferenti alla cultura. Così è in America, così è in Italia, dove la stragrande se non la quasi totalità dei lettori di comics è composta di persone ignoranti, magari socialmente e culturalmente svantaggiate e aliene dalla realtà. Non che in casa DC Comics le cose vadano meglio. Gli stessi elementi, ancora più marcati, si notano in tutte le serie DC. Se Secret Invasion è stata il trionfo del pressapochismo e della crisi delle idee, Final Crisis è stata anche peggio. Personalmente sconsiglio a tutti di leggere fumetti così brutti.
RispondiElimina